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venerdì 5 marzo 2010

quel furbetto del senatore Di Girolamo...


La scaltrezza di un politico non si può certo misurare dagli emendamenti proposti o dalle volte in cui ha fatto ricorso al question time. Niente affatto, la furbizia in questione si nota anche dalle piccole cose. Come ad esempio fare accreditare le spettanze non sul proprio conto ma su quello del figlio. Motivo? Essere sicuri che quel denaro non potrà essere sequestrato dalla magistratura. Certo, non siamo ai livelli massimi di un Dell'Utri o di un Berlusconi (avvezzi a ben altro che dirottare piccole somme su conti di consanguinei) ma si fa quel che si può. E il senatore Nicola Di Girolamo ha voluto fare l'ultima mossa da persona libera, prima di consegnarsi all'ufficio matricola del carcere di Rebibbia. Così, prima che tutto andasse perduto, ha pensato bene di salvaguardare almeno la buonuscita che il Senato si appresta a versargli: un piccolo tesoretto che, se fosse finito sul suo conto, avrebbe fatto probabilmente la fine degli altri suoi beni. Vale a dire il sequestro da parte della magistratura inquirente. Tomo tomo, cacchio cacchio, l'ex senatore accusato di associazione a delinquere, riciclaggio e violazione della legge elettorale ha dato mandato (prima di indossare i panni del galeotto) agli uffici amministrativi del Senato di non accreditare più sul suo conto le spettanze dovute ma di girare il tutto su un conticino fresco fresco aperto dal figliolo presso lo sportello interno della BNL Paribas di Palazzo Madama. La cifra non è iperbolica ma di questi tempi vanno bene pure gli spiccioli: 50.000 euro. Nel calcolo è compreso il cosiddetto assegno di solidarietà, che Di Girolamo ha maturato essendosi dimesso; è una sorta di liquidazione, parametrata sull'80% dell'indennità mensile, che si aggira sui 12 mila euro, una per ogni anno. Tenuto conto che il Di Girolamo è stato tra gli scranni di Palazzo Madama per quasi due anni, il conto finale dovrebbe dovrebbe essere intorno ai 18 mila. Se fosse stata invece deliberata la sua decadenza (già disposta, in verità, dalla Giunta per le immunità nell'ottobre del 2008 ma poi respinta dall'Aula nel gennaio successivo) l'assegno, che poggia sul fondo autofinanziato dagli stessi senatori, sarebbe stato sostituito dalla totale restituzione di quanto versato allo stesso fondo. Ai 18 mila euro vanno poi aggiunti i vari rimborsi per contributi versati, spese mediche e viaggi, tutti soldi che rientrano nei legittimi diritti maturati dall'ex senatore in odore di 'ndrangheta. Spiace per lui (mi si passi l'eufemismo) il non diritto alla pensione, visto che non ha maturato i 5 anni minimi previsti dall'incarico parlamentare, così come prescritto per i neo senatori a partire dall'attuale legislatura. La mossa di Di Girolamo di far accreditare il tutto sul conto del figlio ha lasciato i tecnici di Palazzo Madama un pò perplessi; bisogna però osservare che tale richiesta appare ben motivata, soprattutto alla luce di una vecchia delibera nella quale si prevede che l'accredito delle indennità e dei rimborsi siano fatti sul conto indicato dal senatore, che può dunque non coincidere con quello di cui è titolare. Il Di Girolamo, stando almeno ai rumors di alcuni senatori, appare come un uomo costretto dalla necessità di recuperare nell'immediato quanto più denaro contante è possibile e di renderlo gestibile dalla sua famiglia, visto il congelamento dei beni deciso dai magistrati che indagano sul riciclaggio di oltre 2 miliardi di euro realizzato dai vertici di Fastweb e di Telecom Sparkle tra il 2003 e il 2007. Intanto Di Girolamo, per non saper nè leggere e nè scrivere, si professa innocente e già questo è un buon segno. Poi, se il Senato si affretta pure nel versamento di quegli spiccioli sul conto del figliolo...

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