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venerdì 12 febbraio 2010

FATE SCHIFO! (ma per davvero!)


Due parole. Soltanto due parole, per rendere bene il sentimento che alberga in questo momento in chi vi scrive e, credo, anche in tantissimi italiani. Due parole che il direttore de il Fatto Quotidiano ha scelto stamani per intitolare il suo editoriale. Due parole, gìà usate ieri dal sindaco aquilano Massimo Cialente (http://tv.repubblica.it/dossier/bertolaso-indagato/cialente-sciacalli-fanno-schifo/42452?video), per catalogare i protagonisti dell'ennesimo scandalo all'italiana fatto di sesso, corruzione e sciacallaggio morale: FATE SCHIFO! Non ci sono altre espressioni per poter definire i contorni di questa squallida storia di denari sperperati e rubati, di corruzione continua, di favori per potenti e intrallazzatori a base di massaggi e ripassate. Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica non hanno insegnato nulla; anzi, a ben guardare, sembra proprio che il cancro inestirpabile della corruttela e della mazzetta (anche convertibile con prestazioni sessuali a scopo fisioterapico) continui a far breccia nei sudici protagonisti della vita politica e imprenditoriale del nostro Paese. Come tanti rapaci e volgari avvoltoi, intrisi di melma grondante e di cinico imbarbarimento dell'animo, dei loschi individui si gettano famelici su sventure e tragedie italiche per poter vergognosamente trarre il massimo profitto dalla solita sciagura a tinte tricolori. Per potersi fare un'idea della bassezza umana e della volgare rappresentazione che ognuno dà della propria persona, basta scorrere le pagine dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Firenze, Dott. ROSARIO LUPO (http://www.corriere.it/Media/pdf/ORDINANZA_CUSTODIA_CAUTELARE_110210.pdf). C'è da dire anche che il culmine dello schifo è rappresentato poi dalle dichiarazioni di chi dovrebbe per primo vergognarsi di tale situazione: proprio il presidente del Consiglio (avvezzo e forgiato alla corruzione e allo scambio di favori sessuali) si sente in diritto di dire ai giudici, che hanno scoperchiato l'ennesimo coperchio di questo nauseabondo pentolone di letame made in Italy, di vergognarsi. Che schifo! Nauseato ma non rassegnato, chiudo questo mio odierno post riproponendovi l'editoriale di Antonio Padellaro che mi sento di sottoscrivere parola per parola.
La peggiore storia italiana ci ha abituati a ruberie di ogni genere da parte di affaristi manigoldi in combutta con politici degni compari. Ma non si ricorda una scena come quella dei due costruttori amici di un amico della Protezione civile. Esultanti per il terremoto che ha appena spianato L'Aquila. Raggianti al pensiero della fetta a loro destinata nel bottino della ricostruzione. Quei due rappresentano lo spirito di un tempo triste dove, per dirla con un altro "imprenditore" a fauci spalancate: "possiamo pigliare tutto quello che ci pare". Purtroppo è così: tutto è permesso alla "cricca dei banditi e degli appalti", altra autodefinizione ribalda di chi, vivendo nel Paese delle immunità e delle impunità, si sente giustamente al sicuro: e a noi che ci tocca, e a noi chi ci tocca? Finchè un giorno la magistratura scoperchia il pentolone dei grandi eventi, trasformati in emergenze nazionali per meglio distribuire montagne di quattrini in deroga a leggi e controlli. E accusa un gruppo di pubblici ufficiali di avere asservito la loro delicata funzione, che comporta la gestione di enormi poteri e di rilevantissimi importi, in modo totale e incondizionato agli interessi di tal Anemone, costruttore romano. Ci interessa poco sapere che tipo di massaggiatrici frequenti Bertolaso. Fatti suoi. Altre sono le domande che lo riguardano, visto che di quella Protezione civile intrisa di "corruzione gelatinosa" e assalita da torme di anemoni affamati, il capo onnipotente è lui. Nella consueta invettiva contro i pm che "devono vergognarsi", questa volta il lord protettore Berlusconi non ha tenuto conto dello schifo di cui si è fatto interprete il sindaco de L'Aquila. Un sentimento largamente collettivo. Il limite della decenza è stato superato.

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