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martedì 27 maggio 2008

Anna Maria Franzoni: le polemiche e le ragioni




Le polemiche bipartisan che sono seguite alla sentenza della Cassazione, e che hanno riportato in carcere Anna Maria Franzoni, non mi sembra che stiano scemando, anzi. Oggi, sulla prima pagina di Liberazione, il direttore Piero Sansonetti ha riacceso il fuocherello delle discussioni e delle prese di posizione con un editoriale intitolato "Franzoni, il carcere, i privilegi" che vi voglio riproporre integralmente. Buona lettura. Giorni fa abbiamo pubblicato su Liberazione un breve articolo, di una ventina di righe, nel quale suggerivamo una iniziativa di clemenza (per esempio la grazia) nei confronti di Anna Maria Franzoni. Si è aperta una polemica che non finisce più. Come sempre feroce, perchè l'attuale dibattito politico italiano contempla o la subalternità o la furia e l'anatema: l'ipotesi della discussione su tesi e con argomenti diversi è esclusa a priori. La ragione della nostra proposta di grazia - espressa in quel breve articolo - era fondamentalmente umanitaria. Raccontavamo di aver provato un forte sentimento di compassione per la signora Franzoni che entrava in carcere piangente, e per i suoi bambini che restavano soli a casa, per i loro pianti e il loro sgomento; e sostenevamo - un pò incautamente - che il sentimento della compassione - che talvolta, a tradimento, ci sfiora - non è qualcosa della quale vergognarci. E' un sentimento legittimo, in genere positivo. Anche se rivolto a persone poco simpatiche, o poco vicine a noi per biografie, per idee, per comportamenti. Abbiamo ipotizzato che il pugno duro, il cuore duro, l'anima dura e incorruttibile e spietata, non necessariamente siano le qualità indispensabili per il cittadino e la cittadina moderni. Tutto qui. E perciò abbiamo rivendicato il diritto di provare un sentimento di affetto verso Anna Maria Franzoni, e non solo (come spesso ci succede e lo dichiariamo e lo gridiamo) verso i deboli, i rom perseguitati da Veltroni e Maroni, i migranti inseguiti dalla legge, i poveretti sbattuti in fondo a una galera, per anni, colpevoli di piccoli delitti che hanno commesso in stato di necessità. Un sentimento di affetto verso la Franzoni - è la nostra idea - non danneggia, anzi moltiplica la solidarietà verso i derelitti, verso tanta gente che è molto più debole e ha subìto ingiustizie o "perfidie di legge" molto più grandi. Vista però l'ampiezza del dibattito che - un pò involontariamente - abbiamo provocato, facciamo due sole considerazioni. La prima riguarda il carcere. La seconda riguarda la questione dei "privilegi". Si continua in questi giorni a ripetere una formuletta: "Occorre la certezza della pena". In un bellissimo articolo pubblicato su il manifesto, Sandro Margara spiega molto bene come sia nata questa formula, e come avesse, in origine, un senso opposto a quello che le si dà ora. Cesare Beccaria chiedeva "mitezza e certezza della pena" per impedire gli eccessi forcaioli dei giudici e non per aumentare il valore vendicativo della giustizia. Certezza era contrapposto a "esagerazione". Oggi si è rovesciato tutto: "certezza" è opposto a "clemenza". Viviamo in anni nei quali parole come tolleranza, clemenza, perdòno (e persino la parola bontà, tradotta e storpiata in "buonismo") hanno assunto un significato negativo, e universalmente, ormai, sono riconosciute dal mondo politico e dai mass media come "vizi", come orrende - o colpevoli - debolezze. La certezza della pena intesa come clava da agitare per distruggere l'attuale legislazione carceraria (si pensi soprattutto alla legge preparata negli anni '80 dal senatore Mario Gozzini e approvata da governi democristiano-socialisti) che consente sconti di pena ai reclusi, rifacendosi al principio che la pena serve alla rieducazione e alla sicurezza e non deve rispondere a un'idea di vendetta. La tendenza a rendere la pena immobile e immodificabile e tutta comunque da scontare, rovescia il principio costituzionale della rieducazione e riabilita l'idea di vendetta. Per questo a noi non è mai piaciuta. E a noi non è mai piaciuto il carcere. Pensiamo che sia uno strumento barbarico di giustizia. Che certo oggi non può essere abolito, ma che in prospettiva andrà superato, e che comunque va ridotto al minimo, utilizzato solo quando non ci sono altri strumenti di "autodifesa" della collettività e di rieducazione di chi si è reso responsabile di gravi crimini. Purtroppo questa nostra idea va molto controcorrente. Sandro Margara ha citato due dati impressionanti. Il primo è questo: tra chi esce dal carcere con sconti di pena o con l'applicazione di pene alternative, 8 su 10 non tornano più a commettere delitti. Tra chi invece esce dal carcere solo a pena interamente scontata, 7 su 10 tornano a delinquere. Non ci vuole molto a trarre le conseguenze. Secondo dato: dagli anni '70 ad oggi negli Stati Uniti i reati sono diminuiti molto. Gli omicidi di oltre il 30%, e in molti Stati sono quasi dimezzati. Eppure il numero dei carcerati non solo è aumentato, ma si è decuplicato: da 204 mila nel 1973 a 2 milioni e trecentomila nel 2005. E' chiaro che l'aumento dei carcerati risponde a ragioni puramente ideologiche o a campagne politico-demagogiche e a nessun'altra esigenza oggettiva. E' quello che sta succedendo in Italia. Tutte queste righe per dirvi: chiedere che Anna Maria Franzoni esca dal carcere è un modo - ovviamente - per chiedere che dal carcere escano varie migliaia di persone. In primo luogo tutte le mamme che hanno lasciato dei bambini a casa. L'obiezione che è venuta alla nostra richiesta di grazia è questa: la signora Franzoni è una privilegiata. Lo è stata in tutti questi anni, protetta da un forte sistema di difesa legale, dalla TV, e resta privilegiata ora che persino Liberazione chiede che sia graziata. E' vero, è così. mi stupisco solo che questa obiezione non mi è venuta solo da "incalliti" comunisti, ma anche e diffusamente dal centro e dalla destra. Mi faccio questa domanda: ma come mai la maggioranza della popolazione italiana ritiene che non ci sia niente di male se mio figlio fa il liceo classico e il figlio di un minatore del Sulcis non può superare la terza media, e il bimbo rom non ha l'acqua calda in casa e se, quando è più grandicello, chiede l'elemosina, si prende gli sputi della gente e gli attacchi di rigorismo del sindaco Domenici o addirittura viene portato al carcere minorile...e poi si indigna solo se in carcere la Franzoni ha qualche privilegio in più di altri disgraziati? Esiste un mondo al quale apparteniamo noi, che si basa sul privilegio e noi accettiamo questo privilegio, e poi però pretendiamo il più totale egualitarismo (non eguali premi, ma eguali punizioni) per il mondo dei detenuti? Come mai tutte le nostre pulsioni egualitarie si applicano solo ai disgraziati? Vedete, tutto ciò a noi sembra ipocrita. Perciò non lo condividiamo. Perciò non proviamo la minima vergogna a dire qualche parola a favore di chiunque stia in un carcere. Anche se si chiama Anna Maria Franzoni.

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