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mercoledì 21 maggio 2008

la Franzoni & il processo mediatico




In attesa di conoscere definitivamente il destino giudiziario di Anna Maria Franzoni (la Cassazione tra poche ore lo farà) in merito al cosiddetto "caso Cogne", mi sembra opportuno rivisitare, attraverso l'occhio esperto e la penna graffiante di Alessandra Comazzi critica tv de La Stampa, il percorso televisivo della Franzoni unitamente al processo contestualmente celebrato non solo nelle aule di Tribunale ma anche (soprattutto) nei salotti "perbene" televisivi. Quelli di Vespa, Costanzo, Mentana, oltre a quelli meno frequentati e meno conosciuti (sempre televisivamente parlando). L'articolo odierno della Comazzi si intitola "Noi, quelli del plastico. Il tribunale formato tv". Buona lettura (e buona riflessione). Questa non è «Criminal Minds», la serie tv che viaggia nella mente degli assassini. Questa è la tragedia, vera, di un bambino ucciso nel suo letto, una mattina. Ma se fosse «Criminal Minds», il cast sarebbe perfetto. Una sceneggiatura che rimbalza di rete in rete, di professione in professione (avvocati, giornalisti, psichiatri, criminologi, magistrati), per realizzare una compiuta docufiction, quel genere che unisce verità e verosimiglianza, ricostruzioni e testimonianze (capostipite, «Telefono giallo» di Corrado Augias). Una docufiction sulla quale troneggia, come un totem, il plastico di «Porta a Porta». I protagonisti sono stati tanti, in questi anni, divisi tra vita vissuta e riprodotta in tv. Con storie nelle storie: la giornalista del Tg1 Elisa Anzaldo, per esempio, inviata a Cogne, vi incontrò l'amore, nella persona del gip Fabrizio Gandini, che sposò, e ora hanno anche un bambino. Non è d'altronde inconsueto il corto circuito tra amore, giustizia e cronaca: il pm biellese Alessandro Chionna, magistrato della prima «vallettopoli», convolò a nozze con una ragazza conosciuta durante l'inchiesta, e fidanzata proprio di un suo indagato (Anita Ceccariglia, fidanzata all'epoca dello scomparso Gigi Sabani). Il primo a intervistare Annamaria Franzoni, nel luglio 2002, fu Maurizio Costanzo: in quell'occasione lei rivelò di essere incinta. Un grande colpo di teatro, il teatro millenario si innerva sulla tragedia, le si intreccia e la alimenta. Persino scontato, ma sempre efficace, il richiamo a Medea, colei che per amore uccise i suoi figli. Costanzo ricorda «una donna sicuramente complicata, a suo modo affascinante, vittima di una rimozione profondissima. So che i magistrati vollero vedere l'intervista». Non si sente un po' responsabile della mutazione di una tragedia in un serial? «No. Perché ho fatto quell'incontro, ma poi non mi sono più occupato dell'omicidio del bambino. Non ho mai trasformato il programma in un'aula giudiziaria. Più un caso è seguito dalla tv, meno si arriva a una soluzione». La puntata di «Porta a Porta» in prima serata, dedicata all'arresto della Franzoni, fu seguita come quella sulle Torri Gemelle: si sentirà responsabile almeno lei, Vespa, di aver trasformato un brutto assassinio in una seguitissima docufiction, con studiato cast e colpi di scena? «Nessuno di noi può imporre alla gente di vedere qualcosa. Lo impedisce lo straordinario strumento di democrazia che è il telecomando. L'interesse reale dell'opinione pubblica per questo caso sta nella sua totale unicità: non c'è mai stata una vicenda simile, in tutta la storia criminologica italiana. E' l'esplosione della normalità. Molti sbandierano il loro disprezzo per il programma, ma poi lo guardano. Perché il caso è controverso, divide. Mentre ci sono tante cose che pure colpiscono l'opinione pubblica e non sono controverse». Sì, certo, l'emotività e lo snobismo: però qui si è formata una vera compagnia di giro, divisa tra colpevolisti e innocentisti, la giornalista Barbara Palombelli, la magistrata dei minori Simonetta Matone, il criminologo Francesco Bruno, lo psichiatra Paolo Crepet, ognuno con un ruolo, una «maschera» come nella commedia dell'arte. Se si potesse parlare di commedia. Per non dimenticare l'avvocato Taormina, che, secondo l'allora presidente della commissione di vigilanza Claudio Petruccioli, futuro presidente Rai, avrebbe sempre dovuto disertare «Porta a Porta». Mentre lui non la disertò mai. E tante occasioni di essere acclamata come «guest star» ebbe la stessa Franzoni, lei e la sua famiglia. Niente fu tralasciato: «L'Italia sul due», «La vita in diretta», «Verissimo». Qui Paola Perego parlò con il marito, il Lorenzi, che mostrò una ricostruzione dell'omicidio, fatta dai Ris, con un bambolotto al posto del bambino. Tremendo. La stessa Perego, a «Buona domenica», incontrò la madre che colse l'occasione per fare pubblicità al suo libro. Lo aveva fatto anche Vespa il giorno prima, fioccarono le polemiche. «Battaglia contro l’indifferenza». Insomma, Crepet, ci vorrebbe lo psichiatra per ogni interprete di questa tragedia greca, che ha giocato col sangue degli innocenti; e pure per gli spettatori, che negli anni si sono lasciati titillare, eccitare dal sangue degli innocenti. E ci vorrebbe lo psichiatra pure per lei, che risolve tutto da Vespa: che ne dice? «Dico che ci vado anche stasera. E dico che è invidia. Perché si fa sarcasmo sui miei maglioncini, a parte che io mi vesto come voglio? Per invidia: sono psichiatra, lo capisco bene quel sentimento lì. E' che so essere incisivo». Appunto, un bravo attore che fa spettacolo. «Che cosa fa Lucarelli, che è bravissimo? Spettacolo sul crimine. Con le ricostruzioni e i maglioni, solo che lui li mette neri. Che cosa fa "Un giorno in pretura"? Spettacolo». Tutta la tv è una grande recita. E anche stasera si recita a soggetto: si sente nel cast? «Io mi sento esattamente come prima del caso Cogne: uno psichiatra. Che analizza quella che, come tante altre tragedie familiari, ha un aspetto metaforico, e una dignità. Molti spettatori cercano di capire, non sono tutti voyeur. Che poi essere voyeur vuol dire contemplare, sia pure con compiacimento, il male che è in noi. La mia è una battaglia contro l'indifferenza, contro gli italiani che non sanno decidere, che non sanno condannare. E che odiano i bambini. Un prete fondò subito un comitato per la difesa della Franzoni, ma non fondò un'associazione alla memoria del bambino. Se qualcuna di queste riflessioni passerà lo schermo, io sarò già contento». E pazienza per le critiche e i maglioncini colorati? «Pazienza».

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