la first lady la vede così...
Una volta tanto la moglie del cavaliere esce allo scoperto non per bacchettare il coniuge per questioni di corna o altro, ma semplicente per dire la sua sull'attuale situazione italiana, all'indomani del voto che ha ridato a suo marito il potere e il glamour che aveva perso, inopinatamente, due anni fa. Lo fa concedendo una bella intervista (intitolata "Io, la leghista di casa") a Luca Ubaldeschi, pubblicata su La Stampa di Torino di ieri, conversando di politica e di costume, di società e di nipotini. Non c'è che dire, molto meglio leggere e ascoltare Veronica Lario Berlusconi (seppur su argomenti non da congresso di ricercatori scientifici) piuttosto che le amenità e i cazzeggi istituzionali del suo legittimo (o presunto tale) consorte. Eccovi il testo integrale dell'intervista. Buona lettura.
C'è un filo che unisce Shakespeare ad Arthur Miller, arriva fino a Gioele Dix e per quanto sorprendente possa sembrare si srotola nell'Italia del dopo voto.
Perché per riflettere sul Paese uscito dalle urne Veronica Berlusconi chiede aiuto al teatro, sua grande passione. Walter Veltroni diventa Amleto, il dramma «Morte di un commesso viaggiatore» di Miller lo specchio della crisi economica e lo spettacolo «Tutta colpa di Garibaldi» di Dix l'escamotage per analizzare il successo di Bossi, la vera novità elettorale. «Un risultato straordinario», spiega la moglie del futuro premier, «che impone di affrontare subito le questioni poste dalla Lega e di smetterla di considerare con snobismo o con la puzza sotto il naso i suoi esponenti». Ripete più volte di parlare da cittadina. «Privilegiata, lo so, però sento molto forte la novità che preme sul Paese» e non ha timore di mettere in guardia su quale ritiene essere la vera posta in gioco: «Dobbiamo ammettere che l'Italia non si riconosce più in un valore come l'unità del Paese. Da un punto di vista ideale ci vorrebbe un governo tecnico, con un leader al di sopra degli schieramenti. Ma la realtà è diversa. Dobbiamo ascoltare ciò che chiede la Lega e a mio marito spetta un compito da vero statista: da una parte traghettare le istanze leghiste in progetti concreti e dall'altra dialogare con il Pd per avviare le riforme. Credo che così si ridurrebbe il rischio di una spaccatura dell'Italia».
Veronica Berlusconi leghista. Possiamo dirlo? «Diciamo (e ride, ndr) che sono la componente leghista della famiglia. Ma, come è ovvio, non ho votato Lega».
Che spiegazione dà dell'affermazione del partito di Bossi? «Questo è un Paese stanco e sfiduciato, anche dopo la vittoria di Berlusconi. Le difficoltà economiche sono pesanti, il Nord - un Nord i cui confini si sono allargati verso il Centro - patisce di più a causa di un costo della vita superiore anche del 30% rispetto al Sud. Sceglie la Lega, ma non chiamiamolo voto di protesta. La Lega esprime esigenze concrete, della parte d'Italia più produttiva, che è stanca di fare da traino al Paese e che non trova rappresentanza nella sinistra estrema, nonostante una persona come Bertinotti di cui certo non si può dir male».
La crisi economica è tanto grave? «La nostra realtà assomiglia sempre più alla "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, a quell'America dove la ricerca del denaro e del benessere sembrava un traguardo facile, ma poi si rivelava un'illusione al punto da spingere il protagonista al suicidio dopo la perdita del lavoro. L'Italia di oggi è così, il rischio del degrado aumenta. Speriamo di non dover contare troppi suicidi eroici».
Un paragone molto duro, non crede?«Sì, mi rendo conto, ma la crisi è davvero seria. D'altronde anche mio marito ha fatto una campagna elettorale che si poteva intitolare "Attenzione a sognare". Non ha voluto creare illusioni».
Come si può uscire da questa situazione? «Gli italiani chiedono il federalismo. Cominciamo da quello fiscale, da interventi diversi a seconda delle Regioni. Il governo rinunci alle idee imprenditoriali, lasciamo riposare in un cassetto il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Per i grandi progetti potrà giocare sulla politica estera, che anche in passato è stata una carta vincente per tenere unita la maggioranza».
Ma non aumenterà il divario tra Nord e Sud? «Già oggi il Paese si muove a velocità diverse, prendiamone atto, c'è un'unità artificiale. Consiglio di assistere a "Tutta colpa di Garibaldi", uno spettacolo in cui Gioele Dix, con intelligenza, dimostra come l'unificazione dell'Italia sia stata una forzatura. Il Paese non è mai stato pronto né adatto per essere uno stato unitario e non è mai maturato a sufficienza per diventarlo».
Signora Berlusconi, evoca la secessione? «No, dico però che c'è un Nord che vuole rompere gli argini e bisogna gestire le richieste delle Lega senza guardare con folclore ai suoi rappresentanti. Certo che Tremonti è un fiore all'occhiello del Paese, ma se la gente vota Calderoli, significa che impone una sua credibilità. Sarà compito della Lega fare ora un salto di qualità, dimostrare che sa realizzare le sue idee».
Quando il Pd muoveva i primi passi, Walter Veltroni disse che gli sarebbe piaciuto un contributo da parte sua. C'è stato un seguito a quelle parole? «No. Ho pensato che quella frase fosse sì una forma di stima, ma anche un messaggio che passava sopra la mia testa».
Come valuta l'esperienza del Partito democratico? «Veltroni mi ricorda Amleto, quando dice "Ah Dio, potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e sentirmi re di uno spazio infinito, se non fosse che faccio brutti sogni". Poteva rimanere nel suo guscio, ma ha fatto il sogno di cambiare il suo schieramento. Non è il killer della sinistra, ha capito che la situazione era già compromessa, senza Pd sarebbe andata ancora peggio. E' stato bravo, ma ora temo che possa restare vittima di un complotto per sostituirlo. Però chi potrebbe andare al suo posto? Avrebbero bisogno di un Berlusconi. Credo che il Pd dovrebbe evitare guerre interne, non aiutano a capire che cosa pensa l'Italia. Come forse non l'hanno capito i giornali».
Lo dice da lettrice o da editrice del «Foglio»? «Tanti articoli che ho letto prima del voto sul recupero di Veltroni indicano che probabilmente i giornali non intercettano i sentimenti prevalenti nel Paese. E mi lascia perplessa anche un altro aspetto: con il centrodestra che è ampia maggioranza, perché "Il Giornale" non vende molte più copie? Gli italiani hanno un pensiero più libero e meno facilmente influenzabile di quanto si creda e i giornali dovrebbero imparare ad ascoltarli di più».
Lei rimarrà una first lady nell'ombra? «Impegni di Stato a parte, non ho mai fatto la first lady e continuerò a non farla. Non è un ruolo che si addice al Paese. L'Italia non è come gli Stati Uniti in cui si assiste a scene agghiaccianti come quella del governatore di New York che si presenta in tv a confessare l'adulterio con la moglie a fianco, come fosse una garante del pentimento. E poi, in Europa, con Sarkozy che sposa Carla Bruni, con la storia di Putin e della ginnasta, la politica ha rotto gli schemi della famiglia tradizionale. Lasciamo la first lady in cantina».
Lei ha citato Sarkozy. Che ne pensa dell'ex moglie Cecilia che gli è rimasta al fianco per le elezioni anche se i segni della crisi erano già evidenti? «E' stata una gran bella operazione di marketing, per me le vere rappresentanti del Paese sono le donne che lavorano nei partiti. Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la Brambilla, mentre la moglie resta tranquillamente nell'ombra».
Un'altra donna in prima linea: Hillary Clinton. Come la giudica? «Facciamo un discorso emotivo. Se Obama identifica il cambiamento, l'idea di un'America giovane, dove resiste il sogno dell'uomo che riesce a farsi strada da solo, McCain è l'immagine di una nazione vecchiotta e più chiusa in se stessa. Hillary rappresenta una mediazione tra le due istanze. Io la voterei».
Quali donne vedrebbe bene al governo in Italia? «Donne con una storia politica e un peso specifico importanti. Recentemente, con questo clima da Bagaglino, con le battute e le barzellette si è un po' imbastardito il discorso sulla presenza femminile in politica. Un clima che penalizza anche donne capaci come Anna Finocchiaro: è stata sconfitta drasticamente in Sicilia anche perché il Paese guarda le donne con diffidenza. Per dirla con una battuta di Daniela Santanché, le vede orizzontali».
Suona il cellulare, e Veronica Berlusconi lascia i discorsi politici per tuffarsi in quella che chiama «la mia normalità». Organizzare una giornata con il nipotino Alessandro («Adoro fare la nonna») o l'appuntamento per vedere un film con Luigi. E' proprio l'ultimogenito a chiamare: «Luigi è entusiasta di suo padre e della vittoria elettorale. Lui in politica? No, ama troppo la finanza. A meno che - dice sorridendo la moglie del Cavaliere - non diventi un finanziere alla Soros, che fa pure politica. Ma anche per i figli della borghesia italiana oggi non è facile seguire i propri sogni».
C'è un filo che unisce Shakespeare ad Arthur Miller, arriva fino a Gioele Dix e per quanto sorprendente possa sembrare si srotola nell'Italia del dopo voto.
Perché per riflettere sul Paese uscito dalle urne Veronica Berlusconi chiede aiuto al teatro, sua grande passione. Walter Veltroni diventa Amleto, il dramma «Morte di un commesso viaggiatore» di Miller lo specchio della crisi economica e lo spettacolo «Tutta colpa di Garibaldi» di Dix l'escamotage per analizzare il successo di Bossi, la vera novità elettorale. «Un risultato straordinario», spiega la moglie del futuro premier, «che impone di affrontare subito le questioni poste dalla Lega e di smetterla di considerare con snobismo o con la puzza sotto il naso i suoi esponenti». Ripete più volte di parlare da cittadina. «Privilegiata, lo so, però sento molto forte la novità che preme sul Paese» e non ha timore di mettere in guardia su quale ritiene essere la vera posta in gioco: «Dobbiamo ammettere che l'Italia non si riconosce più in un valore come l'unità del Paese. Da un punto di vista ideale ci vorrebbe un governo tecnico, con un leader al di sopra degli schieramenti. Ma la realtà è diversa. Dobbiamo ascoltare ciò che chiede la Lega e a mio marito spetta un compito da vero statista: da una parte traghettare le istanze leghiste in progetti concreti e dall'altra dialogare con il Pd per avviare le riforme. Credo che così si ridurrebbe il rischio di una spaccatura dell'Italia».
Veronica Berlusconi leghista. Possiamo dirlo? «Diciamo (e ride, ndr) che sono la componente leghista della famiglia. Ma, come è ovvio, non ho votato Lega».
Che spiegazione dà dell'affermazione del partito di Bossi? «Questo è un Paese stanco e sfiduciato, anche dopo la vittoria di Berlusconi. Le difficoltà economiche sono pesanti, il Nord - un Nord i cui confini si sono allargati verso il Centro - patisce di più a causa di un costo della vita superiore anche del 30% rispetto al Sud. Sceglie la Lega, ma non chiamiamolo voto di protesta. La Lega esprime esigenze concrete, della parte d'Italia più produttiva, che è stanca di fare da traino al Paese e che non trova rappresentanza nella sinistra estrema, nonostante una persona come Bertinotti di cui certo non si può dir male».
La crisi economica è tanto grave? «La nostra realtà assomiglia sempre più alla "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, a quell'America dove la ricerca del denaro e del benessere sembrava un traguardo facile, ma poi si rivelava un'illusione al punto da spingere il protagonista al suicidio dopo la perdita del lavoro. L'Italia di oggi è così, il rischio del degrado aumenta. Speriamo di non dover contare troppi suicidi eroici».
Un paragone molto duro, non crede?«Sì, mi rendo conto, ma la crisi è davvero seria. D'altronde anche mio marito ha fatto una campagna elettorale che si poteva intitolare "Attenzione a sognare". Non ha voluto creare illusioni».
Come si può uscire da questa situazione? «Gli italiani chiedono il federalismo. Cominciamo da quello fiscale, da interventi diversi a seconda delle Regioni. Il governo rinunci alle idee imprenditoriali, lasciamo riposare in un cassetto il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Per i grandi progetti potrà giocare sulla politica estera, che anche in passato è stata una carta vincente per tenere unita la maggioranza».
Ma non aumenterà il divario tra Nord e Sud? «Già oggi il Paese si muove a velocità diverse, prendiamone atto, c'è un'unità artificiale. Consiglio di assistere a "Tutta colpa di Garibaldi", uno spettacolo in cui Gioele Dix, con intelligenza, dimostra come l'unificazione dell'Italia sia stata una forzatura. Il Paese non è mai stato pronto né adatto per essere uno stato unitario e non è mai maturato a sufficienza per diventarlo».
Signora Berlusconi, evoca la secessione? «No, dico però che c'è un Nord che vuole rompere gli argini e bisogna gestire le richieste delle Lega senza guardare con folclore ai suoi rappresentanti. Certo che Tremonti è un fiore all'occhiello del Paese, ma se la gente vota Calderoli, significa che impone una sua credibilità. Sarà compito della Lega fare ora un salto di qualità, dimostrare che sa realizzare le sue idee».
Quando il Pd muoveva i primi passi, Walter Veltroni disse che gli sarebbe piaciuto un contributo da parte sua. C'è stato un seguito a quelle parole? «No. Ho pensato che quella frase fosse sì una forma di stima, ma anche un messaggio che passava sopra la mia testa».
Come valuta l'esperienza del Partito democratico? «Veltroni mi ricorda Amleto, quando dice "Ah Dio, potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e sentirmi re di uno spazio infinito, se non fosse che faccio brutti sogni". Poteva rimanere nel suo guscio, ma ha fatto il sogno di cambiare il suo schieramento. Non è il killer della sinistra, ha capito che la situazione era già compromessa, senza Pd sarebbe andata ancora peggio. E' stato bravo, ma ora temo che possa restare vittima di un complotto per sostituirlo. Però chi potrebbe andare al suo posto? Avrebbero bisogno di un Berlusconi. Credo che il Pd dovrebbe evitare guerre interne, non aiutano a capire che cosa pensa l'Italia. Come forse non l'hanno capito i giornali».
Lo dice da lettrice o da editrice del «Foglio»? «Tanti articoli che ho letto prima del voto sul recupero di Veltroni indicano che probabilmente i giornali non intercettano i sentimenti prevalenti nel Paese. E mi lascia perplessa anche un altro aspetto: con il centrodestra che è ampia maggioranza, perché "Il Giornale" non vende molte più copie? Gli italiani hanno un pensiero più libero e meno facilmente influenzabile di quanto si creda e i giornali dovrebbero imparare ad ascoltarli di più».
Lei rimarrà una first lady nell'ombra? «Impegni di Stato a parte, non ho mai fatto la first lady e continuerò a non farla. Non è un ruolo che si addice al Paese. L'Italia non è come gli Stati Uniti in cui si assiste a scene agghiaccianti come quella del governatore di New York che si presenta in tv a confessare l'adulterio con la moglie a fianco, come fosse una garante del pentimento. E poi, in Europa, con Sarkozy che sposa Carla Bruni, con la storia di Putin e della ginnasta, la politica ha rotto gli schemi della famiglia tradizionale. Lasciamo la first lady in cantina».
Lei ha citato Sarkozy. Che ne pensa dell'ex moglie Cecilia che gli è rimasta al fianco per le elezioni anche se i segni della crisi erano già evidenti? «E' stata una gran bella operazione di marketing, per me le vere rappresentanti del Paese sono le donne che lavorano nei partiti. Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la Brambilla, mentre la moglie resta tranquillamente nell'ombra».
Un'altra donna in prima linea: Hillary Clinton. Come la giudica? «Facciamo un discorso emotivo. Se Obama identifica il cambiamento, l'idea di un'America giovane, dove resiste il sogno dell'uomo che riesce a farsi strada da solo, McCain è l'immagine di una nazione vecchiotta e più chiusa in se stessa. Hillary rappresenta una mediazione tra le due istanze. Io la voterei».
Quali donne vedrebbe bene al governo in Italia? «Donne con una storia politica e un peso specifico importanti. Recentemente, con questo clima da Bagaglino, con le battute e le barzellette si è un po' imbastardito il discorso sulla presenza femminile in politica. Un clima che penalizza anche donne capaci come Anna Finocchiaro: è stata sconfitta drasticamente in Sicilia anche perché il Paese guarda le donne con diffidenza. Per dirla con una battuta di Daniela Santanché, le vede orizzontali».
Suona il cellulare, e Veronica Berlusconi lascia i discorsi politici per tuffarsi in quella che chiama «la mia normalità». Organizzare una giornata con il nipotino Alessandro («Adoro fare la nonna») o l'appuntamento per vedere un film con Luigi. E' proprio l'ultimogenito a chiamare: «Luigi è entusiasta di suo padre e della vittoria elettorale. Lui in politica? No, ama troppo la finanza. A meno che - dice sorridendo la moglie del Cavaliere - non diventi un finanziere alla Soros, che fa pure politica. Ma anche per i figli della borghesia italiana oggi non è facile seguire i propri sogni».
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