tpi-back

lunedì 21 aprile 2008

elogio (dell'invecchiamento) di Beppe Grillo


Esce domani in libreria, edito dalla Mondadori, un libro intitolato "Ve lo do io Beppe Grillo" (260 pagine, 15 euro) scritto da Andrea Scanzi, giornalista aretino 34enne, autore di Elogio dell'invecchiamento. Alla scoperta dei 10 migliori vini italiani (e di tutti i trucchi dei veri sommelier) celebrato anche attraverso un blog (http://www.elogiodellinvecchiamento.splinder.com/) molto seguito pure dalla Alcolisti Anonimi. Scanzi attualmente scrive di costume, sport e spettacolo su La Stampa di Torino, e proprio il giornale sabaudo dà oggi un'ampia anticipazione del libro dedicato a Grillo, di cui Scanzi traccia una sperticata lode, alla vigilia del V-DAY, già nella presentazione: Come è stato possibile che un comico, da solo e contro tutti, abbia messo in scacco un'intera classe politica? Qual è la strada che conduce dal Festival di Sanremo, Pippo Baudo e le battute sul primo Jovanotti a www.beppegrillo.it, tra i primi dieci più cliccati al mondo, e alle invettive che terrorizzano i potenti? L'intero percorso di Grillo, dagli esordi RAI agli spot pubblicitari, dagli spettacoli teatrali alla fugace carriera cinematografica, focalizzando l'attenzione sulla "scoperta" della Rete, il linguaggio del blog e il popolo dei "grillisti", fino all'esplosione dell'8 settembre a Bologna con le sessantamila persone in piazza e le più di trecentomila firme raccolte in poche ore su proposte di legge moralizzatrici, un cortocircuito carico di elettricità che ha proiettato Grillo al centro dell'attenzione politica. Ecco uno stralcio del libro di Scalzi.
Quando si parla di Beppe Grillo, troppo spesso è per sentito dire. Non si sa chi sia (oggi) Grillo, cosa abbia fatto Grillo, di cosa parli Grillo e come sia arrivato ai V-Day. Ma se ne parla. Male e sottovoce, ma se ne parla, quasi sempre per screditarlo con un generico "qualunquista".(...) C'è il bisogno di una contestualizzazione, di un contrappunto, di un ripasso. Di una rilettura il più possibile completa, simpatizzante - lo ammetto - ma tutt'altro che agiografica. Principalmente per questo è nato Ve lo do io Beppe Grillo (...) Da spettatore prima e giornalista poi, ho seguito tutta la carriera di Beppe Grillo; ero uno dei pochi che lo intervistavano otto anni fa (troverete quei dialoghi a metà libro); dal 1993 a oggi non ho mai mancato un suo spettacolo; il V-Day l'ho seguito sul campo, per La Stampa: una minima cognizione di causa spero di averla (...) Come è stato possibile che un comico, da solo e contro tutti, abbia (momentaneamente) messo in scacco un'intera classe politica? (...) I frequentatori del suo blog prima e dei suoi spettacoli poi (un tempo l'ordine era l'inverso), sono soprattutto delusi di/dalla Sinistra, un popolo più o meno trasversale che non voterebbe il Centrodestra neanche sotto tortura ma che, al tempo stesso, sfiancato da una lunga tradizione di disillusione, non ha creduto al miracolo de noantri: dal Yes we can obamiano al Sì ‘gna famo veltroniano (...) Non senza dosi di populismo, e certo avvantaggiato da una casta in larga parte impresentabile, Grillo ha convogliato con meritoria facilità l'attenzione (e la fiducia) di gran parte degli indignati. Degli schifati, degli astenuti loro malgrado. Di chi non ha retto l'involuzione cancerosa della politica italiana: l'indulto, il mastellismo, il ninostranismo, cose così. La sua non è antipolitica: antipolitici, casomai. Ma non è solo questo. Beppe Grillo non piace solo perché è contro e dice sempre no. Grillo si è potuto permettere di dire che le recenti elezioni erano «incostituzionali» e che l'unica risposta al «veltrusconismo » era l'astensione, perché forte di un lungo e coerente percorso di satira. Di controinformazione. Di attenzione meticolosa all'ambiente, all'informazione, all'economia: tutto ciò che ritiene, in una macroconcezione quasi avanguardistica, la vera politica. Che non è (più) la (per lui) superata divisione tra sinistra e destra, ma casomai - nel solito impeto di personalismo - una sperequazione manichea, senza possibilità di mediazione, tra bene e male, laddove il «bene» è lui (o ciò in cui crede lui) e il male è il potere genericamente inteso, e puntualmente nefasto. (...)Perché alle ultime elezioni non è scattata a sinistra quella voglia di vittoria che due anni fa portò milioni di elettori (disillusi, ma ancora partecipi) a fare le 5 del mattino per sapere se Berlusconi aveva perso? (...) Per un surplus di bile, per una tracimazione di indignazione. Perché vorrebbero una sinistra «radicale» senza i narcisismi effimeri di Bertinotti. Perché sognano una sinistra «riformista» depurata dal «maanchismo» veltroniano. Per tutto questo, certo. E perché, secondo Grillo, ciclicamente attiguo alla forzatura, il momento attuale è paragonabile - per emergenza democratica - ai tempi del fascismo. (...) E' per queste esagerazioni, per i toni fieramente sboccati, per la refrattarietà al politicamente corretto e al buonismo, che Grillo è ormai più odiato dalla Sinistra che dalla Destra (basta leggere La Repubblica per farsi un' idea). E certo non fa nulla per farsi benvolere. Parimenti a tutto questo, all'elencazione dei punti deboli (e ce ne sono) di Grillo e (ancor più) del grillismo, va serenamente ammesso un fatto «increscioso » per le ambizioni notoriamente egemoniche dell'intellighenzia. Dopo decenni di critica omologata e artisti intoccabili, editorialisti-vate e politici immarcescibili, si è conclamata l'eresia. Si è formata spontaneamente una larga fetta di popolazione (elettorato) che ha raggiunto la saturazione. Grillo, da navigato rabdomante, da istintivo ricettore, è stato bravo e scaltro a convogliarla. Di chi parlo? Di quei milioni (non migliaia) di persone che non credono più che il materialismo dialettico coincida con il Vangelo secondo Scalfari. Di quelle persone blasfeme al punto da credere che la «tv di sinistra » possa andare oltre la diarchia Fazio-Dandini. Di quei sovversivi che ne hanno abbastanza del «menopeggismo » alla Nanni Moretti. Di quei trotzkisti che non ne possono più dei D'Alema e non si fanno bastare più l'antiberlusconismo come motivazione unica per partecipare al rituale liturgico dell'urna (ormai più funeraria che elettorale, ideologicamente parlando). Grillo non è un santone, non è il salvatore, non è l'Unto della Rete. Forse lui un po' ci crede, e con lui i fedelissimi, ma la maggioranza dei «grillisti» («grillini» è orribile) no. Se volessi citare Hegel, direi che quando un'opera risulta destabilizzante le possibilità sono due: o quell'opera (quella persona) vince e apre una strada, o viene allontanato quale minaccia per il vecchio ordine prestabilito. E' una chiave di lettura plausibile, pertinente. Credo però che Grillo era e resti, anzitutto, un'appartenenza per chi non riesce più ad appartenere. Un'appartenenza parziale, talora equivoca e mai definitivamente convincente, ma di questi tempi - per molti - è già qualcosa.

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page