il leghista chic & l'operaio di destra
Il boom elettorale della LEGA Nord di queste ultime elezioni politiche ha fatto rumore non solo nelle discussioni e nelle analisi socio-politiche degli addetti ai lavori, ma anche nei salotti bene e nei circoli milanesi più esclusivi, dove aleggiava un certo stupore sull'esito del 13 e 14 aprile, non fosse altro che per la dimensione numerica (a due cifre) del successo del partito del Carroccio. E una bella fotografia giornalistica a tutto ciò l'ha fatta oggi Fabrizio Ravelli su la Repubblica, facendoci conoscere la nuova realtà post-voto. Una realtà insediatasi anche nel famoso quadrilatero della moda milanese, tra Corso Venezia e via della Spiga, cuore d'oro dall'anima borghese rivestito da uno sgargiante verde leghista. In due giorni, nella Milano della zona 1(quella appunto delle boutiques e delle case dagli affitti a peso d'oro), le iscrizioni al partito di Bossi si sono quantificate in più di 100, e tra i nuovi iscritti ci sono due docenti universitari, un notaio, un dirigente d'azienda, due registi teatrali, un avvocato e un tenore. Insomma il leghista radical-chic abita oramai qui, a ridosso di Piazza San Babila, luogo storico del partito del predellino di Berlusconi, che qui ha fondato il Popolo della Libertà vincitore insieme alla Lega del round elettorale. Le motivazioni che adducono i nuovi iscritti al capogruppo leghista Matteo Salvini sono quelle classiche della sicurezza, della cacciata degli immigrati e degli zingari, della difesa di Malpensa e del federalismo fiscale. Tutte motivazioni che la Lega, al contrario della sinistra, ha fatto sue e le ha spese in campagna elettorale come moneta sonante finalizzata alla vittoria nelle urne. A Milano zona 1, in due anni, la Lega è balzata dal 3,3% all'11,2%. Cifre impressionanti che spiegano tutto. Come i numeri di Brescia e delle sue fabbriche, che hanno segnato la dèbacle della sinistra radicale a fronte del travaso di voti verso il centrodestra e la Lega stessa, sirena federalista che ha attirato tantissimi operai con la tessera della CGIL in tasca e con il cuore diviso a metà: il voto alla rappresentanza sindacale in fabbrica per ottenere il contratto e la tutela del posto di lavoro. Il voto a berlusconi e a Bossi per avere la garanzia che i loro soldi rimangano in Lombardia e non vadano ad ingrassare la Roma ladrona. Ecco la nuova fotografia storica pedemontana fissata nel bell'articolo di Paolo Griseri sempre sul numero odierno de la Repubblica, con le tute blu che maledicono Prodi per aver fatto uscire gli extracomunitari dalle carceri con l'indulto del luglio 2006, e benedicono il celodurismo di Bossi e Maroni che dai tempi delle ronde notturne e della Guardia Padana con i fazzoletti verdi presidiano il territorio lombardo, rassicurando vecchi e nuovi leghisti, uniti sotto la statua di Alberto da Giussano, con scudo e spada sguainata.
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