il vero sogno (non più segreto) del cavaliere
Questa sera termina la campagna elettorale, un pò scialba e un pò rissosa. Domani pausa di riflessione, poi domenica e lunedì al voto e da martedì si vedrà. Tra tutte le considerazioni (politiche e non) fatte in queste settimane su Silvio Berlusconi, quella che vi propongo oggi in questo mio post è, a mio modesto avviso, una delle più lucide e veritiere. Coglie nel segno e svela il sogno. Coglie nel segno perchè analizza in modo impeccabile gli alti e i bassi delle performances berlusconiane nel suo peregrinare elettorale. Svela il sogno perchè enuncia una considerazione tanto reale quanto banale. Il cavaliere ambiva al Quirinale. Vorrebbe chiudere la sua missione terrena occupando lo scranno più alto e più rappresentativo della vita politica ed istituzionale di un uomo di potere. Non è la prima volta che se ne parla, ma quello che scrive Vittorio Emiliani, già direttore de il Messaggero, sul sito di Art.21 è pienamente condivisibile ed io ve lo ripropongo. Buona lettura. La campagna elettorale di Silvio Berlusconi - che ha come annichilito all'interno dell'alleanza il povero Fini - riesce ad essere peggiore, nettamente, di quella del 1994 (dove rappresentava il Nuovo, l'Inedito) e di quella del 2001(dove vendette efficacemente alcuni "sogni" lasciati poi nel cassetto per realizzare quelli suoi e della famiglia). E' una campagna, la sua, come svogliata, stanca, partita sottotraccia, con un Berlusconi vestito da gestore di night, sempre più truccato e tinto, per crescere però nelle ultime settimane sul piano di una violenza anti-istituzionale, e anti-Veltroni naturalmente, che non ha riscontri nei Paesi europei coi quali ci confrontiamo tutti i giorni e presso i quali la nostra credibilità rischia nuovamente di precipitare. All'inizio aveva mandato in archivio l'accusa di "comunismo" per il centrosinistra preferendo tirare in ballo il governo Prodi. Ora non c'è momento nel quale non scagli, arrochito e protervo, il suo j'accuse stile 1948 (sono passati sessant'anni, Silvio). Non c'è momento nel quale non tiri fuori, ossessivamente, "i brogli elettorali della sinistra, dei comunisti allevati alla scuola delle Frattocchie" quale cavallo di battaglia di una campagna elettorale del 2008 iniziata all'insegna di un mal digerito fair play. Il crescendo glielo hanno, di recente, facilitato il solito Bossi con la storia dei fucili che la Lega imbraccerà contro Roma ladrona e il neofita Lombardo che dalla Sicilia ha fatto sinistramente eco parlando di fucili (o di lupare?) da ricaricare per ottenere autonomia, autonomia e ancora autonomia. Anni fa lo stesso Umberto Bossi disse che migliaia di nuovi "partigiani" secessionisti (43.000, mi pare) erano pronti e armati nelle valli bergamasche. In altri tempi si sarebbe preso, pesantemente, l'accusa di eversione delle leggi dello Stato. Ma, se ben ricordo, aveva provocato il "ribaltone" e quindi era considerato una sorta di provvisorio alleato del governo di Lamberto Dini e non se ne fece nulla. Oggi i "fucili" di Bossi sono soltanto una "espressione colorita". Anche se l'Umberto si candida ad un Ministero importante, altrimenti sarà secessione della Padania. Certo, se i lombardi e i veneti rivoteranno in massa questa Lega, potremo dire che il "profondo Nord" ha perso ogni bussola politica e che il Paese Italia rischia davvero la dissoluzione. A quegli altri "fucili", evocati da Lombardo dalla Sicilia, ha in fondo fatto eco uno dei fedelissimi di Berlusconi, cioè l'amico Dell'Utri, esaltando quale "eroe" lo stalliere Mangano da lui mandato in vacanza al villone di Arcore e poi condannato per mafia. Anche qui c'è poco da scherzare. Il messaggio è chiaro: mentre Veltroni, più che giustamente, ogni giorno attacca frontalmente tutte le mafie che soffocano il Sud, il clan Berlusconi manda un messaggio di opposta natura e sostanza erigendo un monumento all'"eroico" mafioso Mangano. Non a Falcone, a Borsellino, a Livatino, a Boris Giuliano, a La Torre e ai tanti altri morti di mafia. Oltre a proporre - cosa che non guasta mai - una revisione della storia del ventennio fascista scolorendo, sbiadendo, magari riducendo a zero il ruolo dell'antifascismo e della Resistenza. Nelle ultime ore Berlusconi ha però proposto agli italiani il suo vero sogno, e cioè il Quirinale. Il capo del governo l'ha già fatto due volte e non lo vorrebbe rifare. E' costretto ad ambire a Palazzo Chigi per non far perdere il neonato Pdl, altrimenti vi avrebbe candidato il fedele Fini. La novità vera per lui sarebbe il settennato presidenziale dove potrebbe esibirsi quotidianamente in discorsi, battute, piroette, sceneggiate (altro che le tanto deprecate "corna" esibite agli studenti di Pisa da Leone) alzandosi sui tacchi e magari attribuendosi poteri che il Quirinale non ha e che aveva Palazzo Venezia col famoso balcone. Una volta di più ha esagerato. Ma bisogna essere molto vigilanti e sventare, con le armi pacifiche del voto, questa nuova manovra diretta al cuore della democrazia. Di ridicolo si può anche morire, specie se dietro al ridicolo ci sono serissimi, e giganteschi, affari di famiglia e di cordata.
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