due facce della stessa medaglia
La medaglia è la stessa. La giustizia italiana. L'applicazione e l'interpretazione del codice di procedura penale. La valutazione (difforme) dei giudici di sorveglianza sull'alternativa al carcere e sul differimento della pena. Le due facce di oggi sono, ancora una volta, quelle di Bruno Contrada e di Marco Ahmetovic. C'è chi esce dal carcere (lo zingaro) e chi ci rimane (il superpoliziotto), tutto nella stessa giornata, a distanza di poche ore. Con reazioni contrastanti, naturalmente. La rabbia e l'indignazione della madre di uno dei ragazzi morti ad Appignano del Tronto, falciato dal furgone condotto dallo slavo ubriaco (http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/ascoli/2008/01/08/58363-lara_luciani_nomadi_sono_protetti_tutti.shtml), che è poi la rabbia e l'indignazione di tutti i cittadini onesti. La delusione di Contrada e del suo legale per il rigetto dell'istanza finalizzata al differimento della pena, per motivi di salute, oltre al rigetto per gli arresti domiciliari. Due modi di interpretare, da parte dei giudici preposti, lo stato detentivo di un giovane slavo, disperato, emarginato, incline a vivere ai margini della legalità e con la possibilità di starsene comodamente a casa, in un residence, con tutti gli agi che questo comporta. Un ex funzionario del SISDE, ultrasettantenne, con una cartella clinica che ha le stesse pagine (come numero) de Il nome della rosa di Umberto Eco: un impressionante elenco di patologie e malattie croniche. Eppure la cella del carcere è compatibile con il suo stato di salute, offre gli stessi agi di un appartamento (sempre secondo i giudici) e quindi non può (non deve) lamentarsi. Che dire: lascio a voi, cari lettori, la giusta interpretazione ed emozione che provoca questa medaglia e queste sue due facce. Una guardabile (il superpoliziotto), l'altra meno...
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