regali governativi
A forza di raccontare barzellette il premier è diventato una sorta di comico honoris causa. Le sue proverbiali battute (che tra l'altro non fanno ridere nessuno) sono così tante e variegate che qualcuno del Popolo della Libertà si sta ingegnando per raccoglierle in un libretto da dare prossimamente alle stampe. Ma questa notizia che vi sto per dare non credo faccia parte del campionario stile "La sai l'ultima?", tuttaltro: è maledettamente vera. La norma l'ha voluta un peone tra i tanti. Si chiama Gioacchino Alfano, del PdL, omonimo del più noto ministro Angelino Alfano ma di lui neppure parente (quello è nato a Palermo, questo a Sant'Antonio Abate, provincia di Napoli). In quattro e quattr'otto, il peone napoletano ha eliminato ogni controllo della Pubblica Amministrazione dalle «iniziative di sviluppo» finanziate con contributi pubblici. D'ora in poi, si legge all'articolo 18 bis del "decreto anticrisi", lo Stato paga, ma non verifica nulla. Nemmeno se l'opera finanziata è stata veramente realizzata. La sostanza è presto detta: grazie a quest'emendamento il privato (che ha ottenuto contributi dallo Stato per la propria azienda, industria o per la realizzazione di un'opera pubblica) potrà incassare i fondi solo presentando fatture e autocertificazioni. Insomma, basta un fax o una raccomandata. Né il ministero dello sviluppo economico, né la banca delegata e neppure la Provincia o la Regione potranno più controllare se l'opera alla fine sia stata effettivamente realizzata, prima di saldare il conto. Se il contributo è stato promesso, potrà essere incassato. Punto e basta. Non solo. Mettiamo che l'imprenditore in questione sia onestissimo e si sia reso conto di non poter portare a termine i lavori promessi, dopo averne realizzato una buona parte. Oppure che è l'ente erogatore ad accorgersi che i calcoli sono stati fatti con manica larga e quel progetto finanziato costa meno del previsto. Bene, non importa. Il contributo da pagare è e rimane quello stabilito all'inizio. E se si è speso di meno pazienza, sapete com'è, lo Stato italiano è generoso anche in tempi di crisi economica. Entrambe le modifiche sono contenute nell'articolo 18 bis, inserito nel pacco di emendamenti presentati alla Camera dei Deputati, votati sotto la scure della fiducia e confermati al Senato della Repubblica con lo stesso metodo, anche se Gioacchino Alfano sapeva benissimo l'effetto del suo articoletto. Prima di diventare parlamentare, faceva proprio il commercialista e il consulente per aziende interessate ai finanziamenti pubblici. Il 18 bis, insomma, non è neppure passato per la Commissione Bilancio e forse è per questo che l'opposizione di centrosinistra non si è accorta di nulla, anche se il testo è molto chiaro. Dice che «il saldo del contributo può essere incassato a seguito di consegna al soggetto responsabile di un'autocertificazione attestante la percentuale di investimento realizzata, la funzionalità dello stesso e il rispetto dei parametri occupazionali». E che «l'eventuale rideterminazione del contributo pubblico spettante avviene con salvezza degli importi già erogati e regolarmente rendicontati». Un controllino lo si farà solo per investimenti di «importo superiore a 1 milione di euro». Peccato che i progetti da un milione non siano neppure la metà di quelli che lo Stato paga normalmente. La torta, nel suo complesso, vale almeno 10 miliardi di euro. Le iniziative toccate dall'articoletto sono sostanzialmente tre: la legge 488, pensata dieci anni fa per le «agevolazioni alle aree depresse»; i patti territoriali, strumenti misti che coinvolgono anche gli enti locali nel finanziamento di interventi integrati nei settori dell'industria, dei servizi e dell'apparato infrastrutturale. E i contratti d'area, piani di interventi che coinvolgono anche le parti sociali e prevedono più iniziative sul territorio, con un responsabile unico (pubblico) che coordina tutto. L'emendamento Alfano non chiarisce se la nuova regola varrà per tutti e tre gli «strumenti». Che sono desueti ma non ancora estinti. Con la crisi in corso e la Lega al governo, i progetti di intervento nel Mezzogiorno e nelle altre aree in crisi sono diventati sempre meno. E infatti anche il nostro articoletto parla di iniziative «avviate prima della data di entrata in vigore della legge». Con tutti i limiti sull'efficacia e le possibilità di frode, le leggi attuali però un controllo lo prevedono quasi tutte. Almeno al momento del saldo l'ente locale, il ministero dello sviluppo economico o almeno la banca coinvolta nel finanziamento vanno a collaudare l'opera finanziata. Tanto per vedere se le mura del capannone ci sono, il viadotto ha almeno i piloni e se gli operai sono stati assunti per davvero. E in qualche caso hanno perfino revocato il finanziamento. Ora non più. Come La norma l'ha voluta un peone tra i tanti. Gioacchino Alfano, Popolo della libertà, omomimo del più noto ministro ma di lui neppure parente (quello è nato a Palermo, questo a Sant'Antonio Abate, provincia di Napoli). E in quattro e quattr'otto, complici un paio di fiducie, ha eliminato ogni controllo della pubblica amministrazione dalle «iniziative di sviluppo» finanziate con contributi pubblici. D'ora in poi, si legge all'articolo 18 bis del decreto Anticrisi, lo stato paga, ma non verifica nulla. Nemmeno se l'opera finanziata è stata veramente realizzata.La sostanza, che per ora ha notato solo il manifesto, è presto detta: grazie a quest'emendamento il privato che ha ottenuto contributi dello stato per la propria azienda, industria o per la realizzazione di un'opera pubblica potrà incassare i fondi solo presentando fatture e autocertificazioni. Insomma, basta un fax o una raccomandata. Né il ministero dello sviluppo economico, né la banca delegata e neppure la provincia o la regione potranno più controllare se l'opera alla fine sia stata effettivamente realizzata prima di saldare il conto. Se il contributo è stato promesso, potrà essere incassato. Punto e basta. Non solo. Mettiamo che l'imprenditore in questione sia onestissimo e si sia reso conto di non poter portare a termine i lavori promessi, dopo averne realizzato una buona parte. Oppure che è l'ente erogatore ad accorgersi che i calcoli sono stati fatti con manica larga e quel progetto finanziato costa meno del previsto. Bene, non importa. Il contributo da pagare è e rimane quello stabilito all'inizio. E se si è speso di meno pazienza, sapete com'è, lo stato italiano è generoso anche in tempi di crisi economica.Entrambe le modifiche sono contenute nell'articolo 18 bis, inserito nel pacco di emendamenti presentati alla camera, votati sotto la scure della fiducia e confermati al senato con lo stesso metodo, anche se Gioacchino Alfano sapeva benissimo l'effetto del suo articoletto. Prima di diventare parlamentare, faceva proprio il commercialista e consulente per aziende interessate ai finanziamenti pubblici. Il 18 bis, insomma, non è neppure passato per la commissione Bilancio e forse è per questo che l'opposizione di centrosinistra non si è accorta di nulla, anche se il testo è molto chiaro. Dice che «il saldo del contributo può essere incassato a seguito di consegna al soggetto responsabile di un'autocertificazione attestante la percentuale di investimento realizzata, la funzionalità dello stesso e il rispetto dei parametri occupazionali». E che «l'eventuale rideterminazione del contributo pubblico spettante avviene con salvezza degli importi già erogati e regolarmente rendicontati». Un controllino lo si farà solo per investimenti di «importo superiore a 1 milione di euro». Peccato che i progetti da un milione non siano neppure la metà di quelli che lo stato paga normalmente. La torta, nel suo complesso, vale almeno 10 miliardi di euro. Le inziative toccate dall'articoletto sono sostanzialmente tre: la legge 488, pensata dieci anni fa per le «agevolazioni alle aree depresse»; i patti territoriali, strumenti misti che coinvolgono anche gli enti locali nel finanziamento di interventi integrati nei settori dell'industria, dei servizi e dell'apparato infrastrutturale. E i contratti d'area, piani di interventi che coinvolgono anche le parti sociali e prevedono più iniziative sul territorio, con un responsabile unico (pubblico) che coordina tutto. L'emendamento Alfano non chiarisce se la nuova regola varrà per tutti e tre gli «strumenti». Che sono desueti ma non ancora estinti. Con la crisi in corso e la Lega al governo, i progetti di intervento nel mezzogiorno e nelle altre aree in crisi sono diventati sempre meno e infatti anche il nostro articoletto parla di iniziative «avviate prima della data di entrata in vigore della legge». Con tutti i limiti sull'efficacia e le possibilità di frode, le leggi attuali però un controllo lo prevedono quasi tutte. Almeno al momento del saldo l'ente locale, il ministero dello sviluppo economico o almeno la banca coinvolta nel finanziamento vanno a collaudare l'opera finanziata. Tanto per vedere se le mura del capannone ci sono, il viadotto ha almeno i piloni e se gli operai sono stati assunti per davvero. E in qualche caso hanno perfino revocato il finanziamento. Ora non più. Come dice la canzone? Chi ha avuto, ha avuto ha avuto... chi ha dato, ha dato ha dato...scurdammoce 'o passato, simme 'e Sant'Antonio Abate, paisà!
4 Commenti:
Alle giovedì 5 febbraio 2009 alle ore 16:09:00 CET , rossaura ha detto...
Non ci posso credere...... :-( Se ho ben capito, dimmi se sbaglio, l'art.18 prevedere che i finanziamenti con contributi dello stato non hanno nessun controllo finale? Ossia io ottengo i fondi, per esempio della Legge Speciale per Venezia, li ottengo (magari senza averne propriamente diritto, tipo sono proprietario di altri 10 appartamenti in città). Insomma ottengo il finanziamento e dal momento che lo ottengo nessuno me lo porta via perchè non c'è controllo da parte del comune? Ma pensa te.... un grosso piacere ai farabutti e alla mafia!
Credimi se non ho sbagliato ad interpretare, è un articolo salva furbacchioni e disonesti.
Ciao Ross
Alle giovedì 5 febbraio 2009 alle ore 20:37:00 CET , nomadus ha detto...
Hai capito proprio bene, cara la mia ROSSAURA. Altro che articolo salva disonesti e furbacchioni: è il rinomato metodo Berlusconi! Ho notato una tua piccola assenza. Stai già preparando il Carnevale? Un saluto in maschera da nomadus.
Alle venerdì 6 febbraio 2009 alle ore 14:51:00 CET , rossaura ha detto...
Carnevale? Ma se io scappo sempre a Carnevale.... ormai s'è ridotto ad un evento turistico-mondano. Pensare che le origini del nuovo Carnevale ossia quello che ha dato la stura al pollaio di oggi e avvenuto una 40tina di anni fa. Ovviamente non parlo del vecchio carnevale. La città ha avuto un periodo di stasi, a parte qualche bambino in maschera.
Ti racconterò la storia del nuovo carnevale è incredibile, assomiglia ad un sommovimento popolare ;-)
Hai ragione che non mi faccio vedere più di tanto, ma è un periodo che nel pochissimo tempo libero e solitamente rubato al sonno, giro un pò distrattamente in rete, il mio blog, a parte il momento delle favole che dovevano essere per forza prodotto entro una certa data (si tratta di una sopresa che abbiamo preparato per il figlio di un amico web) un pò di politica per la "scissione" MPS che non è per niente una banca, il resto sono solo video musicali, che mi intricano sempre. Mi scuso anzi con i tuoi articoli che richiedono molta attenzione e che a volte purtroppo non riesco a ritagliare. Verranno tempi migliori o... peggiori, non ci sono che queste due possibilità.
Un caro saluto
Ross
Alle venerdì 6 febbraio 2009 alle ore 21:22:00 CET , nomadus ha detto...
Scusarti? Ci mancherebbe altro adesso che tu debba scusarti per la tua assenza o per l'impossibilità di leggere con calma i miei post...scherziamo! Lo sai che per me è un onore e un piacere averti tra le mie lettrici preferite, che apprezzo sempre e comunque i tuoi interventi, che ti seguo sempre (anche se non commento quasi mai) sul tuo blog e che mi piacciono molto le favole che stai raccontando in quest'ultimo periodo. Per quanto riguarda il Carnevale, appena avrai tempo, gradirei un tuo post stile "i ricordi televisivi di Rossaura"...gradirei veramente molto. Un affettuoso saluto da nomadus.
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