la solitudine di un (ex) leader
Guardare dritto negli occhi l'ex sindaco di Roma, seppur filtrato dalle telecamere e dagli obbiettivi delle macchine fotografiche tutte puntate su di lui, mi ha provocato (è proprio questo il verbo che volevo usare) una specie di blocco emotivo e fisico, non altrimenti spiegabile con la sensazione di assistere ad un evento perlomeno storico, seppur rapportato ad una parte della vita politica italiana. Non lo nego, qualche lacrima ha rigato il mio volto rugoso e segnato di vecchio militante degli anni della contestazione studentesca, quelli del periodo 1975-1980, gli anni del movimento, degli indiani metropolitani, di Lotta Continua, di Autonomia Operaia, di Radio Città Futura e Radio Onda Rossa, del Collettivo di via dei Volsci. Lacrime che stanno anche a testimoniare lo scorrere imperterrito e naturale del tempo che se ne va e che non ritorna più. Degli ideali sempre più sbiaditi e sempre meno in cima ai ricordi di quelli della mia generazione (salvo le debite e rare eccezioni). E' la solitudine di un leader quella che mi salta agli occhi guardando la tv mentre parla Walter. Colui che doveva fare il PD e che invece ha visto il PD fare a meno di lui. Adesso che tutto è finito, che la poltrona da segretario è un ricordo, adesso che Walter Veltroni può finalmente scrivere il suo "testamento" politico tra le colonne del Teatro di Pietra che l'avevano visto trionfatore alle primarie, adesso sì che mi sento un pò più solo anch'io. Seguo in silenzio il suo discorso, enunciato con il consueto garbo, con il suo solito modo "caldo" di parlare di politica e mi accorgo che sta mandando alcuni precisi segnali. Al gruppo dirigente, anzitutto. Ma anche al popolo del PD, quello del Circo Massimo e delle primarie. "Il PD è il sogno della mia vita ma non sono riuscito a farlo avanzare. Mi scuso e per questo lascio" è l'inizio del monologo. Walter dunque lascia, dicendo addio a quella poltrona di segretario che, in sedici mesi, gli ha regalato qualche gioia e molti dolori. Dice addio ringraziando lo staff, la scorta (che ha chiesto gli venga tolta) e il suo fidato Dario Franceschini. Non cita gran parte del gruppo dirigente democratico. E non mi sembra affatto casuale. Per il suo ultimo atto da segretario Walter sceglie il Teatro di Pietra, un luogo quasi simbolico. Tra quelle stesse colonne celebrò il trionfo delle primarie. Sembrano passati secoli. Oggi dice: "Il PD è stato il sogno politico della mia vita. Lascio in serenità, senza sbattere la porta. Adesso cercherò di dare una mano al partito". In sala Soro si asciuga le lacrime, Fassino e la Finocchiaro sono terrei. Achille Serra gli chiede di ripensarci. Bersani, cappotto in mano, è immobile. Rutelli non c'è. D'Alema nemmeno. Dicono che non abbia neanche telefonato. Walter parla per circa 40 minuti. Cita Romano Prodi e l'Ulivo, la vittoria del '96 e quel sogno interrotto. Parla del "sogno", il suo sogno, di cambiare l'Italia. "Per questo è nato il PD, per diventare il partito del destino del nostro Paese". Cambiamento, certo. In questo sta "la vocazione maggioritaria" del PD e non nell'essere un semplice vinavil, un mero collante. Riformismo, ci mancherebbe. Quello che serve per cambiare un sistema di valori che il Pifferaio di Arcore ha invece sostituito con i "disvalori". Lavorare a testa bassa, conquistando casamatta dopo casamatta, dice Walter, citando Gramsci. Ma per farlo serve "pazienza e fiducia". Serve un partito che non trituri il leader dopo ogni sconfitta: "Non accade da nessuna parte una cosa del genere. Da noi è la regola" scandisce. E si capisce che parla di lui. Della sua solitudine. Di un gruppo dirigente da cui, in larga parte, non si è sentito appoggiato. Il suo PD, invece, l'ex segretario l'ha visto più volte: al Lingotto, a Spello, in campagna elettorale, alla scuola di Cortona e al Circo Massimo. E durante le primarie. E anche nelle divisioni interne. Quelle chiare, però. "Abituiamoci al fatto che un grande partito non può essere una caserma. I partiti moderni sono così, ma alcuni di noi hanno l'imprinting dei partiti degli anni '70. Sogno un partito che si chieda non da dove si viene, ma dove si va. Un partito che abbandoni una certa sinistra giustizialista, salottiera e conservatrice. Un partito che abbia dirigenti che facciano propria un'identità che gli elettori già hanno". Un partito democratico, insomma. Come quello che si era materializzato tra le bandiere del Circo Massimo. Il futuro, dunque. Quello che forse vedrà Walter in una posizione riservata, più defilata, non certamente meno importante. Ciao Walter. E grazie di tutto.
4 Commenti:
Alle mercoledì 18 febbraio 2009 alle ore 23:32:00 CET , riccardo gavioso ha detto...
questo articolo è così ben fatto e intenso che devo dire ha toccato anche me, che, come certo saprai, non sono mai stato tenero nei confronti di Walter. Io credo non abbia capito che sono tempi da lupi, che paga l'opposizione sulle caviglie, o forse il paese sarebbe andato alla deriva berlusconiana lo stesso anche con un'impostazione diversa. Certo il discorso sarebbe lungo: il governo Prodi, il masochismo e lo scissionismo della sinistra... e poi di quale sinistra?
Dobbiamo però riconoscere a Walter di essere stato in grado di mostrare oggi una certa dignità personale: quella che giustamente sottolinei, e che per un politico non è cosa da poco.
Alle giovedì 19 febbraio 2009 alle ore 10:56:00 CET , nomadus ha detto...
Grazie, caro Riccardo, del tuo commento. Ne apprezzo l'equilibrio e l'intelligente analisi forbita da scrittore e osservatore privilegiato. Spero di averne altri di tuoi commenti (ovviamente dipenderà anche da quello che scriverò...). A presto.
Alle giovedì 19 febbraio 2009 alle ore 12:43:00 CET , Anonimo ha detto...
Buongiorno carissimo.Apprezzo molto il tuo post,anche perchè evoca anni a noi familiari.Rimane il fatto che la nostra parte politica divora i propri dirigenti,vedi anche i due precedenti governi Prodi.Assolutamente urgente è il rinnovamento della nostra classe dirigente.Grazie ancora del tuo post e un carissimo saluto da Mauro.
Alle giovedì 19 febbraio 2009 alle ore 13:51:00 CET , nomadus ha detto...
Che dire...qui corro il rischio di vedere nuovamente il mio viso solcato da altre lacrime di leggera commozione per il tuo commento, carissimo MAURO, e per quello precedente di RICCARDO (che forse avevo sbrigativamente commentato con poche parole, mentre ne meritava molte ma molte di più!). In effetti, quando si capisce di aver trasmesso qualcosa di positivo con la scrittura, con la propria emozione espressa con delle frasi raccolte quasi a caldo nella contemporaneità dell'evento, quando in buona sostanza l'effetto scaturito dalle semplici riflessioni sulle dimissioni di segretario di partito genera uno stato d'animo condivisibile con più persone, ci si accorge che vale la pena scrivere sul proprio blog e che forse non si è troppo soli come erroneamente si credeva. Grazie, quindi, a Mauro, a Riccardo, a Rossaura e a quanti hanno letto il mio post e non hanno commentato, sazi comunque delle sensazioni raccolte a fine lettura. Un sincero saluto da nomadus.
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