il ritorno dello Sgarbi (riabilitato)
Mai dire mai. A volte, quando meno te lo aspetti (e magari con la convinzione che il nuovo posto da sindaco di Salemi lo avrebbe tenuto lontano da Milano) eccolo tornare. Più inferocito e rompiballe di prima. Il Vittorio nazionale è tornato. Grazie ai giudici. Il Tar ha accolto infatti il ricorso presentato da Vittorio Sgarbi contro il suo licenziamento da assessore alla Cultura. La sentenza non è ancora stata notificata, ma sul sito del Tribunale amministrativo regionale è apparsa una paroletta che ha fatto felice il nuovo sindaco di Salemi: ricorso accolto. «Certo che torno a fare l'assessore alla Cultura — attacca Sgarbi — e da subito». Promette che venerdì, giorno dell'ultima giunta prima della pausa estiva, «manderà al diavolo» il sindaco Letizia Moratti per il licenziamento «illegittimo nella forma e nella sostanza». E annuncia che a metà ottobre uscirà per la Bompiani un libro dal titolo eloquente: «Clausura a Milano. Da Suor Letizia a Salemi (e ritorno)».
«Perché di una cosa sono sicuro. Io a Milano ritorno: o da assessore o da presidente della Provincia». Era l'8 maggio quando la Moratti revocò le deleghe al vulcanico assessore. Mancanza di rispetto nei confronti della giunta, mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini e mancanza di lealtà nei confronti della stessa Moratti. A far precipitare una situazione logora da molto tempo (a partire dalla censura del sindaco alla mostra Vade Retro su arte e omosessualità) due scintille: la delibera «truccata» con cui Sgarbi diede il patrocinio a una rassegna di teatro omosessuale all'insaputa dei colleghi di giunta e le parolacce rivolte dal critico a Marco Travaglio durante l'ultima puntata di Annozero.
Ebbene, per il Tar, almeno a sentire gli avvocati di Sgarbi, quelle motivazioni erano carenti e generiche. «È chiaro — spiegano i legali Giampaolo Cicconi e Fiorenza Betti — che dobbiamo vedere la sentenza. Noi abbiamo insistito molto sulla genericità della revoca. Teoricamente Sgarbi è di nuovo assessore del Comune». Gli avvocati hanno chiesto anche un risarcimento danni di 50 mila euro per lesione del diritto d'immagine. Da Palazzo Marino no comment. Prima vogliono leggere la sentenza a fondo. Di fronte due strade. La prima è difficilmente percorribile. Il Comune fa ricorso al Consiglio di Stato chiedendo la sospensiva. Ma ci vorrebbe troppo tempo. E questo permetterebbe a Sgarbi di venire in giunta venerdì. Meglio l'altra strada, quella su cui l'Avvocatura sta già lavorando.
Se la sentenza contestasse la carenza di motivazioni, Palazzo Marino è pronto a riscrivere la «revoca» motivandola fin nei minimi particolari. In questo modo, Sgarbi sarebbe di nuovo fuori dalla giunta. «Lo facciano pure — ribatte il critico — e io sono pronto a fare una causa milionaria al Comune di Milano perché per tre mesi mi hanno impedito di svolgere legittimamente il mio lavoro». L'umore è alle stelle. «La Moratti deve imparare la grammatica della democrazia. Il Tar osserva che non si può scaricare un assessore senza una ragione. Sono stato licenziato su due piedi, come un cameriere, quando invece il mio lavoro è stato ritenuto da tutti eccellente». E chiude: «Dentro la Moratti c'è uno Sgarbi. Come quando era d'accordo con me sull'evitare la demolizione del garage di via Podgora. Ma a volte dentro la Moratti c'è anche un Albertini che le fa fare il contrario di quello che crede».
«Perché di una cosa sono sicuro. Io a Milano ritorno: o da assessore o da presidente della Provincia». Era l'8 maggio quando la Moratti revocò le deleghe al vulcanico assessore. Mancanza di rispetto nei confronti della giunta, mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini e mancanza di lealtà nei confronti della stessa Moratti. A far precipitare una situazione logora da molto tempo (a partire dalla censura del sindaco alla mostra Vade Retro su arte e omosessualità) due scintille: la delibera «truccata» con cui Sgarbi diede il patrocinio a una rassegna di teatro omosessuale all'insaputa dei colleghi di giunta e le parolacce rivolte dal critico a Marco Travaglio durante l'ultima puntata di Annozero.
Ebbene, per il Tar, almeno a sentire gli avvocati di Sgarbi, quelle motivazioni erano carenti e generiche. «È chiaro — spiegano i legali Giampaolo Cicconi e Fiorenza Betti — che dobbiamo vedere la sentenza. Noi abbiamo insistito molto sulla genericità della revoca. Teoricamente Sgarbi è di nuovo assessore del Comune». Gli avvocati hanno chiesto anche un risarcimento danni di 50 mila euro per lesione del diritto d'immagine. Da Palazzo Marino no comment. Prima vogliono leggere la sentenza a fondo. Di fronte due strade. La prima è difficilmente percorribile. Il Comune fa ricorso al Consiglio di Stato chiedendo la sospensiva. Ma ci vorrebbe troppo tempo. E questo permetterebbe a Sgarbi di venire in giunta venerdì. Meglio l'altra strada, quella su cui l'Avvocatura sta già lavorando.
Se la sentenza contestasse la carenza di motivazioni, Palazzo Marino è pronto a riscrivere la «revoca» motivandola fin nei minimi particolari. In questo modo, Sgarbi sarebbe di nuovo fuori dalla giunta. «Lo facciano pure — ribatte il critico — e io sono pronto a fare una causa milionaria al Comune di Milano perché per tre mesi mi hanno impedito di svolgere legittimamente il mio lavoro». L'umore è alle stelle. «La Moratti deve imparare la grammatica della democrazia. Il Tar osserva che non si può scaricare un assessore senza una ragione. Sono stato licenziato su due piedi, come un cameriere, quando invece il mio lavoro è stato ritenuto da tutti eccellente». E chiude: «Dentro la Moratti c'è uno Sgarbi. Come quando era d'accordo con me sull'evitare la demolizione del garage di via Podgora. Ma a volte dentro la Moratti c'è anche un Albertini che le fa fare il contrario di quello che crede».
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