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giovedì 5 giugno 2008

il ritorno (in carcere) delle teleimbonitrici


Voglio dedicare questo mio post numero 400 di oggi alle due teleimbonitrici per antonomasia (Vanna Marchi e la figlia Stefania Nobile) che da ieri pomeriggio sono di nuovo ospitate nelle patrie galere. Le due Marchi erano pronte a ricominciare nel settore delle truffe che, a entrambe, era valsa una condanna a oltre 9 anni da parte dei giudici della Corte d'Appello di Milano. Vanna Marchi e la figlia Stefania Nobile sono state arrestate in un bar di via Napo Torriani a Milano. A stringere loro le manette ai polsi, prima di una probabile fuga verso la Spagna, sono stati gli agenti della squadra Mobile di Milano diretta da Francesco Messina. Una svolta rispetto alla loro posizione cautelare che sarebbe dettata da sospetti fondati: disponibilità di denaro da utilizzare per l'espatrio e "frequentazioni" idonee a nuove truffe. Secondo la quarta sezione penale della Corte d'Appello di Milano, che ha emesso i provvedimenti di custodia cautelare in carcere, esiste nei confronti di madre e figlia "il pericolo concreto di fuga e la reiterazione del reato". Una probabilità di espatrio, spiegano gli inquirenti, "reale, effettivo e non immaginario" che ha consentito ai giudici, prima dell'eventuale condanna definitiva in Cassazione, di arrestare le due teleimbonitrici. Si parla della Spagna come possibile terra di fuga, ma soprattutto c'è un "tesoro" (o "tesoretto") all'estero del quale si è perso traccia. Un patrimonio nella disponibilità di madre e figlia che da San Marino, secondo gli investigatori, è stato trasferito verso un paradiso fiscale sconosciuto. Esistono "elementi concreti" si sottolinea nel provvedimento perché si possa parlare della "disponibilità di risorse economiche all'estero". A far scattare le manette, però, ha spiegato il capo della squadra Mobile milanese, anche il sospetto di nuove truffe. Vanna Marchi avrebbe rilasciato alcune dichiarazioni sulla carta stampata in cui ipotizzerebbe la sua volontà di tornare in azione. Un proposito che, secondo gli investigatori, si stava concretizzando nella frequentazione abituale all'interno di un centro benessere di Carpi, in provincia di Modena. Per la figlia, invece, il pericolo "correva"' sul web. Nel bar in via Napo Torriani, dove lavorava e oggi è stata arrestata, aveva a disposizione un computer attraverso il quale avrebbe riagganciato i suoi vecchi contatti. Per madre e figlia sono così scattate le manette. ''Congetture astratte, prive di fondamento e di alcuna prova'' le ha bollate il loro legale Liborio Cataliotti. ''Da parte delle mie assistite - spiega l'avvocato - non vi era alcuna intenzione né di fuggire all'estero né di reiterare alcunché''. Ma i vecchi adagi popolari (che non sbagliano quasi mai) dicono che "il lupo perde il pelo, ma non il vizio"...

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