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domenica 28 giugno 2009

teniamoci pronti, ma per davvero


Debbo ammettere che è sempre uno spasso seguire le funamboliche conferenze stampe di Silvio B., uno che al ridicolo non mette mai fine, uno che persevera ostinatamente nel suo personalissimo show dell'uno contro tutti (pur non trovandosi al Teatro Parioli...), del parlo io e tu, giornalista di sinistra, stai zitto. Altrimenti mi alzo e me ne vado. Come dire, viva la libertà di espressione e il diritto alla cronaca e all'informazione. Ma nemmeno ai tempi di Bokassa c'era una libertà come questa! Ecco, questo mio incipit credo sia propedeutico per far capire (anche per quei quattro a cui ancora non fosse chiaro il quadro generale) che il nostro premier ama usare un linguaggio semplice che impedisce anche agli stolti e agli ingenui di (far finta di) non capire: «Bisogna chiudere la bocca a chi parla di crisi». Chiudere la bocca, proprio così si esprime il presidente del Consiglio (per opportuna verifica guardare il video, http://tv.repubblica.it/dossier/10-domande/non-date-pubblicita-a-chi/34383?video). Tapparla. Coi proclami e con le intimidazioni, certo, ma soprattutto col mezzo principale, quello con cui da sempre Silvio B. ha costruito (fin dai tempi dello stalliere Mangano e della loggia P2) il suo impero e poi la sua fortuna: il potere del ricatto e del denaro. Comprando, ricattando, affiliandosi e corrompendo con allegria e con lo smagliante sorriso che lo contraddistingue, l'attuale premier è diventato prima imprenditore e poi politico: migliaia di carte processuali, quintali di faldoni resi inutili da leggi su misura, oltre agli atti parlamentari sulla P2, testimoniano della sua attività di allora e di oggi. Poi, si sa, gli anni passano, la gente dimentica, certe debolezze della carne, certi stravizi senili insomma occupano le cronache e la scena e si perde di vista, a forza di parlare di minorenni di mignotte e di cocaina, l'oggetto principale: la smisurata capacità di comprare chiunque a qualsiasi prezzo o di cancellarlo, in alternativa. Se non lo si può comprare gli si tappa la bocca. Così vorrebbe fare il nuovo ducetto del ventunesimo secolo con chi parla di crisi del tutto incurante del fatto che il problema non è chi ne parla ma è l'esistenza stessa della crisi. Non basta bandire dal Paese i termometri per eliminare la febbre, non serve proibire le calcolatrici per cancellare il deficit. Quindi con chi ce l'ha, l'uomo che dovrebbe mettere tutta la sua eventuale sapienza al servizio del Paese, del benessere diffuso e collettivo, del futuro di ciascuno? Ce l'ha con chi gli rovina le serate delle sue feste in villa. Non solo quindi con giudici eversivi e giornalisti comunisti ma anche con Draghi, per esempio, che mostra i dati di bilancio del Paese. Ma soprattutto ce l'ha con i giornali che ancora resistono a raccontare le cose come stanno: pochissimi per la verità, visto e considerato che gli altri sono suoi o in suo potere. Dunque, a questi giornali bisogna spezzare le reni, dice Al Tappone (come l'ha soprannominato Marco Travaglio) e togliere loro la pubblicità, prima fonte di sostentamento. Azzopparli, zittirli: tappare la bocca. Questo, signori miei, è il delirio di onnipotenza di Silvio B. al quale bisognerebbe rimediare immediatamente. In che modo? Facendosi trovare pronti, nel caso in cui il delirio risultasse evidente anche ai suoi stessi alleati (qualche sintomo lo si intravede), a governare il Paese comunque. Fini si sta allenando, nel PdL sono in molti a scaldarsi a bordo campo. Ma quello che più interessa a chi vi scrive è l'opposizione. Il Partito Democratico, che ne è il perno, si prepara al Congresso di ottobre con manovre che spero tanto non siano lesive o autolesioniste del principio comune di tutti gli uomini della sinistra. Il mio auspicio è che non si perda di vista ancora una volta l'obiettivo comune, che non si sacrifichi alla battaglia interna la posta in palio, gigantesca: il residuo di credibilità di cui la politica può contare nel Paese. In specie in quella porzione di Paese rassegnata e sfinita il cui credito (per il PD) è quasi scaduto. Per fortuna che ci sono i trentenni e i quarantenni dai quali mi attendo che pervenga un segno. Già questo sarebbe l'inizio di un progetto, un orizzonte a cui tendere.

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