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venerdì 2 gennaio 2009

quello che avrei detto da Presidente della Repubblica


Il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato seguito da più di 11 milioni di italiani, tra un piatto di lenticchie e cotechino e un brindisi con spumante rigorosamente delle nostre terre. Molti analisti politici hanno riportato il senso e il tenore del messaggio presidenziale sui quotidiani oggi in edicola, ma come sempre accade in questi casi subentra lo stereotipo del "io avrei detto questo, io avrei detto quello", un pò sulla falsariga degli italiani commissari tecnici della Nazionale di calcio (quando ognuno fa la formazione che più gli aggrada). E così è stato anche quest'anno. E immedesimandomi in questo atipico gioco di società, anche io voglio dire qualcosa al riguardo. Anzi, dico quello che avrei detto se fossi stato al posto del Presidente. Tralasciando i soliti argomenti canonici del tradizionale discorso di fine anno, come ad esempio l’intangibilità della Carta Costituzionale (scritta da uomini nati nella seconda metà del 1800!), l’unità della nazione (magari!), le riforme (ovviamente condivise), la pace sempre e comunque (anche quando ti arrivano due razzi Qassam in cucina all’ora di pranzo), l’Europa (ma quale, ma dove), personalmente mi sarei soffermato sulla crisi mediorentale. E a proposito del Medio Oriente avrei semplicemente citato l’articolo 7 della carta costitutiva di Hamas: «...Il Profeta – le benedizioni e la salvezza di Allah siano su di Lui – dichiarò: "L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: 'O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me. Vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei"». Hamas è un gruppo terroristico che vuole la distruzione di Israele e che sta riducendo alla fame i Palestinesi della Striscia di Gaza e tanto basta per dare a Israele il diritto di difendersi. Finché questo punto non sarà chiarito, nessuna pace è possibile in Medio Oriente. Finché i regimi autoritari di Siria e Iran continueranno a rifornire di armi Hamas ed Hezbollah, nessuna pace è realistica. Vogliamo dire (una volta per tutte) che noi, in Occidente, scegliamo l’unico Stato democratico del Medio Oriente e siamo contro i terroristi e i dittatori!?
Passando a tutt’altro argomento, la crisi economica, Napolitano non ha pronunciato l’unica parola determinante in questo momento: ottimismo. Ottimismo perché il fondo è stato toccato. Perché Wall Street non può crollare un giorno sì e uno no, come invece dicono i telegiornali. Perché per la prima volta dal 1959 i prezzi diminuiscono (siamo in deflazione, qualcuno lo dica alla BCE!) e non solo i prezzi dei beni di consumo, ma anche quelli delle case, dell’energia, della benzina, dei mutui. Tutto ciò lo sintetizza l’ISAE (http://www.isae.it/), che ogni mese pubblica la percentuale delle famiglie in difficoltà (che sono cioè costrette a fare debiti o ad intaccare i risparmi). L’ultimo dato mensile disponibile al 13 dicembre scorso ci dice che la percentuale è scesa al 15,3% dal 20% del primo semestre dell’anno. Insomma aumenta il potere d’acquisto delle famiglie. Qualcuno lo dica, per favore.
E’ vero tuttavia che il reale problema è mantenere il reddito, il posto di lavoro, ma su questo il Presidente avrebbe dovuto pronunciare un’altra semplice parolina: liberalizzazioni. Lasciare cioè che le imprese facciano il loro mestiere senza lacci o lacciuoli. Liberi e responsabili nella loro capacità di rischiare, competere e creare benessere e posti di lavoro.
Quest'ultimo passaggio inevitabilmente introduce il terzo grande tema affrontato da Napolitano: le riforme. Per fare le riforme, dice il Presidente, è necessario che esse siano condivise (ma avrebbe sicuramente voluto dire concertate), che le forze politiche facciano uno sforzo di impegno comune per l’interesse pubblico e via con la solita retorica del dialogo.
No, caro Presidente. Per fare le riforme ci vogliono solo due semplici condizioni: la legittimazione degli elettori e il coraggio. Era sufficiente dire: dialogate il meno possibile ma abbiate coraggio. Fatele queste benedette riforme. Fregatevene delle caste e delle rendite, dei no-Tav e di tutti quelli che semplicemente difendono interessi particolari. Ridate a questo Paese le condizioni per volare.
Caro Presidente Napolitano, non basta citare Roosevelt per essere Roosevelt...

2 Commenti:

  • Alle lunedì 5 gennaio 2009 alle ore 12:04:00 GMT+1 , Blogger Unknown ha detto...

    Non è degno di un Paese sviluppato che, in piena crisi economica, l’iniziativa istituzionale più significativa sia stata l’invito rivolto ai cittadini di andare a fare la spesa. Per quanto sia indispensabile questo genere di contributo da parte dei singoli, non è sufficiente, così come non può bastare la mera individuazione degli strumenti per fronteggiare la crisi, se poi le istituzioni non si impegnano a metterli in pratica. Un segnale positivo è arrivato, tuttavia, dalla Provincia di Roma, che ha acquistato quote di partecipazione della società Alta Roma, per dare un aiuto concreto alle aziende artigiane e alle piccole e medie imprese, (quelle maggiormente colpite dalla crisi).Ci si augura che Zingaretti possa essere un buon esempio da seguire.

     
  • Alle lunedì 5 gennaio 2009 alle ore 13:35:00 GMT+1 , Blogger nomadus ha detto...

    Ottimo commento, cara ANTONELLA. Mi auguro anch'io che l'esempio della Provincia di Roma di cui hai parlato possa essere seguito anche da altre realtà italiane. E comunque un plauso sincero va a Zingaretti.

     

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