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sabato 13 dicembre 2008

qualche riflessione sulla crisi


Mi pesa, e non poco, tornare a scrivere di crisi economica, di sensazione di povertà, di paura di recessione, di fantasmi del passato. Non passa giorno che sul posto di lavoro non mi capiti di confrontarmi su questi temi con i miei colleghi, ancora più impauriti e depressi di me. Una sorta di bolla invisibile di latente paura avvolge tutti noi, i nostri pensieri, le nostre minime speranze. Ognuno di noi cerca disperatamente di aggrapparsi a qualcosa che seppur lontanamente somigli a una fioca luce di ottimismo (certo non quella del Pifferaio di Arcore), di possibilità di riuscita nel superare questi problematici tempi cupi. La mia impressione è che comunque non tutti abbiano compreso realmente la portata di questa crisi. Il fatto stesso che ogni governo nazionale stia cercando una risposta da solo, indica con chiarezza che le classi dirigenti sono cieche alle dimensioni universali della crisi. L’Europa si sta rivelando una tigre di carta. La BCE, stretta dal Trattato che ne limita l’azione, è lontana dall’agilità con la quale si muove la Federal Reserve negli Stati Uniti: promette liquidità, ma non salva le banche agendo sul portafoglio dei loro titoli. Nelle circostanze di una crisi universale, caratterizzata da domanda insufficiente, le tradizionali fonti di domanda effettiva sono quasi bloccate. Gli investimenti privati si riducono, perché le imprese, in tutto il mondo, si confrontano con vendite in calo; le imprese che lavorano con economie di scala si vedono aumentare più che in proporzione i loro costi. Questo effetto le spinge a chiudere gli impianti e a licenziare manodopera, accrescendo la crisi di domanda. Le esportazioni di ciascun Paese calano perché le capacità d’acquisto del resto del mondo sono diminuite in relazione alla crisi. Ogni tentativo di aumentare le esportazioni riducendone il prezzo, attraverso una riduzione dei salari, avrà come effetto una riduzione della domanda di consumi. E poiché la crisi è universale, tutti i Paesi cercheranno di vendere riducendo i prezzi. Così la spesa pubblica resta l’unica fonte che potrebbe crescere, ma vi si oppone un retaggio culturale familistico, per il quale ogni debito è una disgrazia, anche quello pubblico. Bisogna chiarire che nella crisi, poiché il Pil diminuisce, diminuirà anche il gettito fiscale, e come conseguenza il disavanzo crescerà, e con questo il debito. Se ogni governo volesse cercare di evitare disavanzo e debito riducendo la spesa pubblica, aggraverebbe la crisi di domanda, il tasso di diminuzione del Pil e del gettito fiscale (anche se credo che Tremonti non la veda proprio così). Tutto ciò non serve a scusare il nostro governo, e le sue esitanti e deboli misure: queste sono necessarie, ma occorre scrollarsi di dosso anni di cultura liberista se si vuol procedere con qualche effetto reale sulla crisi. Faccio un esempio, che indurrà all’orrore i benpensanti: occorre evitare che le imprese licenzino e che chiudano fabbriche e uffici. Questo significa che lavorando a costi elevati, le imprese si troveranno presto in rosso; è allora imperativo che il sistema bancario finanzi le imprese in perdita, per recuperare il credito solo quando la crisi sarà superata. Si tratta di far lavorare in deficit le banche, per coprire il deficit delle imprese. Forse è necessario dotarsi di banche pubbliche, forse occorre nazionalizzarne qualcuna (altri in Europa l’hanno fatto). È difficile? Certo che è difficile, ma adattarsi alla crisi, e chiudere gli occhi alla realtà, è sicuramente la peggiore delle scelte.

2 Commenti:

  • Alle domenica 14 dicembre 2008 alle ore 10:45:00 CET , Blogger rossaura ha detto...

    Di economia mi intendo pochissimo, a parte alcune letture ormai molto datate che mi hanno fatto capire che tutto funziona in base alla domanda e all'offerta di merci che valgono per avere un costo della materia prima ma un valore dato dalla manodopera. Troppo poco probabilmente per comprendere che una crisi che mette in discussione un sistema liberistico che stimola ad una produzione irrefrenabile di merci ed a uno stimolo parossistico di consumi, prima o dopo giunge a varcare il limite, non esistono risorse sufficienti e le capacità di acquisto comunque sono limitate e il successivo invito all'indebitamento fa breccia nell'economia e rende le banche forti e deboli nello stesso tempo.
    Pensare che le aziende che finiranno in rosso, moltissime evidentemente non si sottraggano alla legge della contrazione di personale o alla chiusura è quasi illusorio, sopratutto se i tempi per la soluzione del problema saranno lunghi.
    Cerchiamo tutti anche facendo politiche economiche che assomigliano a pezze per tappare voragini, di mantenere in vita questa economia, senza pensare ad un eventuale cambiamento, anche in questo caso fare una scelta di discontinuità, che ci porti su altri binari di una economia alternativa dove si pensì più al benessere di qualità che a quello di quantità. Insomma un benessere legato alla qualità della vita e più diffuso invece che a quello legato al progresso tecnologico e consumistico per pochi eletti che non distribuiscono la ricchezza a sufficienza.
    Investire risorse per il benessere futuro dell'umanità, non nel senso di distribuire più soldi, ma nel senso di sfruttare l'ambiente senza impoverirlo o avvelenarlo, senza vivere delle risorse destinate agli altri e senza sfruttare la manodopera sottopagata al fine di ottenere merci a basso costo che non saranno mai alla portata di chi le produce.
    Forse davvero non capisco niente di economia mondiale, ma ne percepisco il faragginoso intreccio tutto teso ad arricchire pochi a scapito di molti. Non è solo un mio pregiudizio? Non so, gradirei capire di più.
    Un sorriso perplesso
    Ross

     
  • Alle domenica 14 dicembre 2008 alle ore 14:01:00 CET , Blogger nomadus ha detto...

    E meno male che non ti intendevi di economia! La tua analisi, cara ROSS, è come sempre pertinente, appassionata e lineare. Ero quasi tentato di farne un altro post, poi ho pensato "...e se ROSS alla fine del mese mi chiede lo stipendio?". A parte gli scherzi, spero che la tua disamina venga presa in considerazione da altri frequentatori di questo blog, al fine di arricchire la discussione e il confronto sul tema della crisi in particolare e dell'economia in generale.

     

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