la solitudine nel ventunesimo secolo
Sono rimasto piuttosto colpito da una notizia che forse ai più sarà passata totalmente inosservata. La notizia è di quelle brevi, che di solito i giornali mettono a una o al massimo due colonne nella sezione "interni" e che vengono definite "curiose". A me sono sempre sembrate, più che curiose, agghiaccianti. La settimana scorsa è stato trovato nella sua casa di Crema il corpo senza vita di un uomo di 55 anni, Nicola Scarinci. Il rinvenimento del cadavere è avvenuto casualmente. L'uomo doveva essere sfrattato e non rispondeva alle lettere del padrone di casa. Nell'appartamento è entrato l'ufficiale giudiziario che doveva consegnarli la notifica. Insieme a lui c'era l'ex moglie di Scarinci che non aveva notizie dell'uomo da alcuni mesi. Scarinci era morto da circa un anno. Questo ha detto l'autopsia. Un anno. Dodici mesi. Trecentosessantacinque giorni. Un tempo infinito per sparire. Inghiottito nel nulla. Dimenticato. Mai cercato da altri. E tutto questo in una città come Crema che conta trentamila abitanti, dove quasi tutti si conoscono, si salutano per strada, passeggiano in piazza e nel corso la domenica e i giorni di festa. Eppure non una persona ha cercato Nicola Scarinci. O se l'ha fatto non s'è preoccupato di non averlo trovato. La solitudine perfetta, compatta, respingente di un'esistenza apparentemente come le altre. E invece sorprendentemente diversa da quelle "normali". Come le nostre, che sono scandite da incontri, dialoghi, appuntamenti. Non era nemmeno anziano Scarinci. Cinquantacinque anni sono pochi perchè la vita abbia fatto il vuoto intorno a noi. La desolata solitudine dei vecchi che vedono scomparire accanto a loro gli amici, coloro che possono ricordarli giovani o appena adulti. Le persone che li hanno accompagnati per buona parte del cammino. Questa crudele solitudine, che affligge tante persone anziane nelle nostre metropoli, rappresenta uno dei destini più insopportabili che la sorte possa riservare a un essere umano. Deve essere terribile veder morire accanto a sè, a uno a uno, tutti gli alberi di quella grande foresta che è stata la nostra vita. Ma altrettanto crudele deve essere stata la solitudine di Nicola Scarinci se durante un anno intero nessuno, ripeto nessuno, si è accorto della sua scomparsa. Nessuno ha avuto la curiosità di sapere che fine aveva fatto Nicola, dov'era, che faceva, come frantumava le ore lunghissime della sua giornata nell'indifferenza totale, agghiacciante. Mi chiedo che tipo di vita aveva trascorso Nicola, che lavoro aveva fatto, quali relazioni umane aveva intessuto, perchè non era riuscito a lasciare dietro di sè alcuna traccia, alcun segno. Nemmeno quello simile alla bava delle lumache nei loro percorsi autunnali. E penso, ogni volta che leggo notizie come questa, che la condanna peggiore per le persone che invecchiano e vengono espulse dal mondo del lavoro, è quella di ritrovarsi soli. Senza una compagna o un amico o un semplice conoscente con cui scambiare qualche parola, un'impressione, un ricordo. Solitudini urbane senza speranze, destinate ad aumentare nei prossimi giorni, nei prossimi mesi. Quando dovremo fare i conti con la crisi "reale" e non solo con quella finanziaria, spesso virtuale, che finora sembra aver riguardato solo banchieri anonimi e speculatori cialtroni di Borsa. Ci saranno meno posti di lavoro, minori possibilità di incontro e più depressioni dietro l'angolo. E maggiori solitudini da gestire. Pensiamoci, durante queste feste natalizie. E ricordiamoci di chi sta molto peggio di noi.
2 Commenti:
Alle giovedì 11 dicembre 2008 alle ore 16:41:00 CET , rossaura ha detto...
Sì avevo anche io fatto le stesse considerazioni. Com'è possibile che un essere umano a 55 anni sia così solo da non avere nessuno che s'interessi di lui. Nemmeno la ex moglie o un parente qualsiasi. Che deprimente tutto questo. Andarsene e non lasciare nessun segno sul terreno che hai percorso, non aver lasciato nessun rimpianto, nessun sentimento di perdita negli altri...
Stamattina ho incontrato un vecchio amico (beh si fa per dire) un uomo che è venuto dal profondo sud, con un lavoro da portinaio all'Università, ha frequentato le serali con me parecchi anni fa. Sicuramente una persona povera, ma egoista. Un grande desiderio di ricevere, ma nessuna propensione per dare. Mi racconta che è stato molto male e che essendo solo teme di morire senza che nessuno se ne accorga. Mi chiede il cellulare per telefonare nel caso si sentisse male... ecc ecc. Gliel'ho dato, ma sinceramente non dovrei essere io a fare la sua ancora di salvezza. Mi spiega che non si è mai sposato perchè dividere la sua vita con una donna non se l'era mai sentita, ma adesso vorrebbe accasarsi con una brava signora che potesse occuparsi di lui (non credo proprio che facesse riferimento a me, magari anche lo faccio, ma non ho l'aria da crocerossina ;-) quindi mi racconta di aver conosciuto una donna con un figlio piccolo, ma che non se la sentiva di prendersene cura.... ( ma sicuramente a farsi curare da lei di sicuro). Beh come merita di morire un essere così? Io gli ho consigliato di dedicare il suo tempo libero (e' in pensione da un bel po') a fare volontariato, di scordarsi un pò i suoi crucci e di occuparsi degli altri che è molto gratificante e fa conoscere gente. Troppo spiccia eh? Ma se il Nicola assomigliava a Sebastiano, non c'era modo per lasciare il segno nel mondo.
Comunque hai ragione i rapporti umani sono così cambiati e così assurdi. Sto facendo un'esperienza personale così assurda che se non fosse veramente da piangere ci sarebbe da morir dal ridere, ma ci vorrebbe molto più spiritio di quello che ho.
Mi hai fatto venire un senso di colpa nei confronti di Sebastiano, mi redimo pensando che gli ho dato il cellulare vero senza sbagliare uno dei numeri casualmente, spero però che non chiami :-). Come si fa a fingere che ti piaccia la gente così egoista? Non sono così buona e altruista.
Ciao Ross
PS mi fanno morire le parole che appaiono per far passare il commento su questo devo scrivere Krapoli, ci deve essere un programma comico che le assembla... :-D
Alle giovedì 11 dicembre 2008 alle ore 20:31:00 CET , nomadus ha detto...
Accipicchia! Ma tu sei una vera e propia "esondazione" di parole, di sensazioni, di emozioni. Di tutto. E di più. Sei veramente fantastica ROSS (come ho scritto nei link), non ho più termini da dizionario Zanichelli da prendere in prestito per definirti. Più che un commento questo è un vero e proprio post! E la storia di Sebastiano fa veramente il paio con tante altre storie che ho conosciuto per interposta persona o per esperienza personale. Che aggiungere ancora a quello già scritto nel post. Nulla, credo. A parte che mi dispiace di essere stato prodromico per il tuo senso di colpa (spero virtuale) nei confronti di Seba. Ancora un abbraccio forte, mia cara ROSS.
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