il linguaggio delle scarpe
Ho atteso qualche ora prima di decidermi a scrivere un post su quanto è accaduto domenica scorsa all'ormai ex presidente degli Stati Uniti, George Walker Bush. E per scriverne ho ripescato nel fondo della mia memoria (con notevole sforzo) un episodio che fa il paio (è proprio il caso di dirlo) con il lancio di scarpe verso Mr. President. Il parallelismo che mi viene in mente è quello che unisce Nikita Krusciov a Muntadhar Al Zeidi. Dai banchi delle Nazioni Unite al bunker di Baghdad, il potere della scarpa non cambia: rimane un’arma di distruzione di massa dell’immagine. Non importa se si tratta del segretario del partito comunista sovietico o di uno sconosciuto reporter della televisione araba Al-Baghdadia con base al Cairo. Il violento atto di protesta del giornalista che, rimanendo scalzo, le ha scagliate tutte e due domenica contro il presidente degli Stati Uniti, gridandogli "sei un cane", ha avuto un impatto planetario che è andato molto al di là del rumoroso dissenso manifestato da Krusciov il 12 ottobre 1960, quando ha sbattuto ripetutamente sul banco la sua scarpona nera, mentre il rappresentante filippino stava parlando di "doppio standard".
Questa volta, mentre una parte dell’America sorride alla prontezza di spirito e al colpo d’occhio del presidente Bush (che ha schivato entrambe le scarpate trovando la forza di dire "dovrebbero essere un 44/45"), il "secret service", che protegge il capo della Casa Bianca 24 ore su 24, si trova in forte imbarazzo perché il reporter televisivo ha avuto tutto il tempo di chinarsi a raccogliere anche la seconda e scagliarla con la precisione di un lanciatore degli Yankees, prima che qualcuno potesse intervenire.
Al Zeidi, che ha 29 anni, è in carcere in attesa di un processo per direttissima e rischia fino a 7 anni. Per il mondo arabo però è già un eroe. A Baghdad ieri mattina migliaia di persone hanno manifestato chiedendone la liberazione immediata e giudicando il suo atto un gesto di libera espressione del dissenso.
D’ora in poi non solo in Iraq, ma in tutti gli altri posti del mondo i giornalisti rischiano però di presentarsi alle conferenze stampa scalzi o addirittura senza penne e matite, perché anche queste, come i registratori e le macchine fotografiche, sono ormai entrati nell’arsenale delle "armi improprie".
Le scarpe di Al Zeidi, come la sua frase gridata (che non era una domanda ma un’affermazione), sono ormai diventate un simbolo politico della resistenza irachena, probabilmente non contenta del fresco accordo che il governo di Baghdad ha firmato con gli Usa, e che non solo mantiene la presenza americana nel paese fino al 2011, ma rischia di prolungare il pattugliamento delle unità di combattimento nelle grandi città molto oltre la data del prossimo giugno 2009, come invece prevede l’intesa.
Da Kabul, dove si trovava ieri (con i reporter e i fotografi a debita "distanza di scarpa"), Bush ha detto con aria rilassata e quasi sorridendo: "In situazioni difficili sono cose che capitano", lasciando intendere che non farà pressioni per ottenere dal tribunale iracheno il massimo della pena nei confronti del giornalista arabo, che qualcuno sostiene avrebbe chiare simpatie per l’ex partito Baath di Saddam Hussein.
Si è appreso però che Al Zeidi ha avuto membri della sua famiglia uccisi, e altri rapiti, in seguito all’invasione e all’occupazione americana. A Baghdad ieri più di 200 avvocati, guidati dal famoso Khalil Al Dulaymi, si sono offerti di difendere gratuitamente il reporter, sostenendo che "la linea difensiva si baserà sul principio che gli Stati Uniti occupano l’Iraq e che quindi ogni resistenza è legittima, compreso il lancio di scarpe".
E’ probabile però che le autorità irachene, proprio per dimostrare la loro diversità col passato regime e soprattutto per non farne un eroe, usino clemenza nei confronti del giornalista e, di fronte ad un atto di ravvedimento, cerchino una soluzione per il suo rilascio che si potrebbe risolvere anche col pagamento di una multa.
Di sicuro però gli Yankees farebbero bene a tenerlo d’occhio. Quest’anno non sono arrivati alle finali di baseball per la crisi dei lanciatori: Al Zeidi ha decisamente un buon braccio. E Bush un bel colpo d’occhio. Non dimenticando che c'è sempre a disposizione un certo Silvio Berlusconi...
Questa volta, mentre una parte dell’America sorride alla prontezza di spirito e al colpo d’occhio del presidente Bush (che ha schivato entrambe le scarpate trovando la forza di dire "dovrebbero essere un 44/45"), il "secret service", che protegge il capo della Casa Bianca 24 ore su 24, si trova in forte imbarazzo perché il reporter televisivo ha avuto tutto il tempo di chinarsi a raccogliere anche la seconda e scagliarla con la precisione di un lanciatore degli Yankees, prima che qualcuno potesse intervenire.
Al Zeidi, che ha 29 anni, è in carcere in attesa di un processo per direttissima e rischia fino a 7 anni. Per il mondo arabo però è già un eroe. A Baghdad ieri mattina migliaia di persone hanno manifestato chiedendone la liberazione immediata e giudicando il suo atto un gesto di libera espressione del dissenso.
D’ora in poi non solo in Iraq, ma in tutti gli altri posti del mondo i giornalisti rischiano però di presentarsi alle conferenze stampa scalzi o addirittura senza penne e matite, perché anche queste, come i registratori e le macchine fotografiche, sono ormai entrati nell’arsenale delle "armi improprie".
Le scarpe di Al Zeidi, come la sua frase gridata (che non era una domanda ma un’affermazione), sono ormai diventate un simbolo politico della resistenza irachena, probabilmente non contenta del fresco accordo che il governo di Baghdad ha firmato con gli Usa, e che non solo mantiene la presenza americana nel paese fino al 2011, ma rischia di prolungare il pattugliamento delle unità di combattimento nelle grandi città molto oltre la data del prossimo giugno 2009, come invece prevede l’intesa.
Da Kabul, dove si trovava ieri (con i reporter e i fotografi a debita "distanza di scarpa"), Bush ha detto con aria rilassata e quasi sorridendo: "In situazioni difficili sono cose che capitano", lasciando intendere che non farà pressioni per ottenere dal tribunale iracheno il massimo della pena nei confronti del giornalista arabo, che qualcuno sostiene avrebbe chiare simpatie per l’ex partito Baath di Saddam Hussein.
Si è appreso però che Al Zeidi ha avuto membri della sua famiglia uccisi, e altri rapiti, in seguito all’invasione e all’occupazione americana. A Baghdad ieri più di 200 avvocati, guidati dal famoso Khalil Al Dulaymi, si sono offerti di difendere gratuitamente il reporter, sostenendo che "la linea difensiva si baserà sul principio che gli Stati Uniti occupano l’Iraq e che quindi ogni resistenza è legittima, compreso il lancio di scarpe".
E’ probabile però che le autorità irachene, proprio per dimostrare la loro diversità col passato regime e soprattutto per non farne un eroe, usino clemenza nei confronti del giornalista e, di fronte ad un atto di ravvedimento, cerchino una soluzione per il suo rilascio che si potrebbe risolvere anche col pagamento di una multa.
Di sicuro però gli Yankees farebbero bene a tenerlo d’occhio. Quest’anno non sono arrivati alle finali di baseball per la crisi dei lanciatori: Al Zeidi ha decisamente un buon braccio. E Bush un bel colpo d’occhio. Non dimenticando che c'è sempre a disposizione un certo Silvio Berlusconi...
1 Commenti:
Alle martedì 16 dicembre 2008 alle ore 23:51:00 CET , rossaura ha detto...
Dici che il nostro sia un pò meno sveglio o un pò più cane?
Veramente avevo pensato che avrebbero dovuto dargli la pena di morte al giornalista, in fin dei conti non ha per niente una buona mira..... però neanche quello del cavalletto c'è riuscito più di tanto, ma che si deve fare per colpire siffatta genia animale?
E poi protesterebbe la lega animalista? Boh non credo.
Ciao Ross
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