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martedì 15 luglio 2008

impunità per tutti!




L'arresto di ieri mattina del Governatore della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco (già presidente della Commissione Antimafia...), con tutti i particolari in cronaca come le mele messe in una busta che conteneva una mazzetta da 200 mila euro, per non far notare ad occhi indiscreti lo "svuotamento" appena effettuato, mi ha fatto ritornare con la mente e con la memoria ai fatti del febbraio del 1992, quando il padre di tutte le tangenti (quel vecchio "mariuolo di Mario Chiesa) cercò di disfarsi frettolosamente e comicamente di una mazzetta di 7 milioni di vecchie lire appena ricevuta. A distanza di 16 anni e mezzo da quel topico momento, nonostante il ciclone "Mani pulite" che ha spazzato via la vecchia classe politica corrotta e corruttrice, siamo ancora qui, oggi, a scrivere e a parlare di corruzione, di concussione, di mele e di mazzette. Ho proprio l'impressione che dietro le quinte del palcoscenico politico istituzionale, qualcuno stia lavorando alacremente per cercare di tamponare una falla (una vergognosa falla) com'è quella del malaffare e della corruttela infinita. Ma credo che stiano lavorando all'incontrario: vale a dire che qualcuno stia cercando di trovare una sorta di escamotage legislativo che permetta a tutti (i politici con le "mani in pasta") di assicurarsi una bella impunità duratura. E leggendo questa mattina l'articolo di Marco Travaglio, a pagina 2 de l'Unità, dal titolo "Todo Lodo" la mia sensazione è oltremodo aumentata nonchè confortata. Eccovi il pezzo di Travaglio. Buona lettura. E buona riflessione. Siccome l'appetito vien mangiando, soprattutto in Parlamento, il Lodo Alfano è solo l’antipasto. Perché, infatti, immunizzare solo il capo del governo e non gli altri ministri? Perché solo i presidenti delle Camere e non gli altri parlamentari? Il piatto forte sta per essere servito e si chiama immunità urbi et orbi, in saecula saeculorum, per tutti i membri della Casta.
Resta da capire se varrà «solo» per i parlamentari, o anche per gli altri eletti negli enti locali. Specie dopo l’arresto del governatore d’Abruzzo Ottaviano Del Turco, socialista, con mezza giunta al seguito. E tenendo conto che sono indagati pure i governatori di Calabria, Basilicata, Campania e Lombardia, oltre agli ex di Puglia e Sicilia. Se lo spirito dell’immunità è che la giustizia non deve disturbare il manovratore per non sottrargli serenità e tempo prezioso, non si vede perché dovrebbe valere per quello di Palazzo Chigi e non per quelli periferici. In fondo si tratta di estendere il Lodo ad appena 149.593 eletti: 78 parlamentari europei e 951 nazionali, 1.118 consiglieri regionali, 3.039 provinciali, 119.046 comunali, 12.541 circoscrizionali e 12.820 delle comunità montane. Poca roba, che sarà mai. Pare che, oltre al PdL, si stiano attivando anche Piercaltagirando, circondato dai Cuffaro e dai Cesa, e il geniale piddino Pierluigi Mantini. Il quale era addirittura favorevole al Lodo Alfano («Ritengo ragionevole il lodo Alfano e auspico un’intesa politica alta per le riforme nell’ interesse del Paese»), tant’è che ha provveduto a «migliorarlo» con un apposito emendamento, così da rendere più difficile la bocciatura della Consulta. E ora muore dalla voglia di estenderlo erga omnes: «Mi auguro che il PD non si accodi a Piazza Navona e si faccia carico della necessità di una più netta distinzione tra giustizia e politica». Che, a suo dire, si otterrebbe ripristinando l’autorizzazione a procedere abrogata nel ’93, quella che Claudio Rinaldi chiamava «autorizzazione a delinquere». Il trucco di Mantini, subito elogiato da Angelino Jolie, è quello di estendere ai parlamentari italiani l’«immunità europea». Al Tappone è favorevole, dovendo salvare Dell’Utri e qualche decina di onorevoli imputati: ieri ha annunciato una super «riforma della giustizia», così super da impedire addirittura il ripetersi di arresti come quello di Del Turco (finalità ottenibile soltanto consegnando alle Procure la lista delle persone che non si possono arrestare né processare). In realtà, l’immunità europea non c’entra nulla. Sia perché l’Europarlamento riconosce ai suoi membri le stesse immunità previste nei paesi d’origine (fra l’altro revocabili in qualunque momento, come avvenne nel caso di Bernard Tapie, spogliato dell’euro-scudo e addirittura arrestato in Francia). Sia perché li immunizza solo per «le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle funzioni» (come già avviene anche in Italia). È vero che il nuovo Statuto approvato nel maggio 2008 aggiunge che «un’indagine o un procedimento dev’esser sospeso qualora il Parlamento lo richieda». Ma questo ­ ha spiegato il relatore, il socialista tedesco Rothley ­ riguarda esclusivamente «azioni repressive arbitrarie (fumus persecutionis) e ostacoli frapposti dal potere esecutivo». Cioè indagini condotte contro esponenti dell’opposizione da magistrati legati al governo. Cosa che in Italia non può accadere, visto che la nostra è l’unica magistratura in Europa a essere indipendente dall’esecutivo. Del resto, questo era lo spirito con cui i padri costituenti scrissero il vecchio articolo 68 della Costituzione (abrogato nel ’93 a furor di popolo per l’abuso vergognoso che se ne faceva): impedire che giudici legati al governo perseguitassero esponenti dell’ opposizione per reati politici (denunce o manifestazioni troppo accese, scioperi, picchettaggi, occupazioni delle terre, blocchi stradali…), o senza prove. L’idea che la garanzia venisse poi abusata da potenti uomini di governo per coprire ruberie e mafierie scoperte da magistrati indipendenti, non fu nemmeno presa in considerazione. Dunque l’immunità parlamentare non è mai esistita, nemmeno prima del ’93: esisteva l’autorizzazione a procedere, che poteva essere negata solo in eccezionalissimi casi di comprovato “fumus percecutionis”. Chi oggi la rivuole, sostenendo che metterebbe al riparo i parlamentari dalle indagini giudiziarie, non ha in mente il vero articolo 68. Ma la sua ultima versione riveduta e corrotta, impunitaria e incostituzionale. Prim’ancora di ripristinarla, già si pensa di abusarne.

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