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sabato 28 giugno 2008

la cultura (errata) del tutto e subito


Leggere questa mattina la notizia della dodicenne di Treviso che vendeva per pochi euro le immagini del proprio corpo nudo (http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo419724.shtml), tramite gli mms inviati ai suoi coetanei acquirenti, mi ha fatto subito pensare a quale sarebbe stata la mia reazione se avessi avuto una figlia dodicenne così. La prima umana (e credo condivisibile) replica a tale avvenimento sarebbe quella di privare mia figlia del bene di consumo oggetto della disputa. Far capire che quell'oggetto diabolico e invasivo risulti essere l'artefice di qualsivoglia comportamento poco ortodosso può già rappresentare un inizio di dialogo. Se non altro potrei affermare (seppur con colpevole ritardo) la teoria del "non possumus" di evangelica spiegazione. Dire ogni tanto ai propri figli non si può è sinonimo di corretta educazione, quantunque non formalmente e benevolmente recepito dagli adolescenti, sempre più pervasi dalla sterile e fatua convinzione che possedere un oggetto di affermazione sociale come il telefonino sia indice di status identificativo nella comunità in cui si vive. Il fatto che ragazzi privi di guida girino in un immenso mercato (a volte virtuale) senza aver imparato ad accettare di non poter avere sempre tutto ciò che si vuole è quantomai significativo e preoccupante. Vendere le proprie nudità tramite foto, per potersi comprare vestitini firmati e alla moda, è il gorgo immorale in cui molte ragazzine affogano ai giorni nostri, a volte anche in maniera cosciente e sprezzante. E, secondo me, ci si trova anche in queste condizioni perchè gli adolescenti vivono (il più delle volte) in un ambiente familiare dove manca l'attenzione per la loro educazione. Manca la quantità del tempo necessaria ad insegnare loro quali sono i confini, dove sta il bene e dove sta il male e, soprattutto, l'esistenza dello sbarramento morale del "non si può". Manca la quantità (e la qualità) del dialogo tra genitori e figli, manca lo "strumento" dell'insegnamento, del far capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Per non parlare poi del mondo esterno alla famiglia, che con Internet, i telefonini, le immagini e la televisione delineano per gli adolescenti un contesto sempre più privo di porte, una sorta di immenso giardino aperto, un enorme mercato di stimoli difficile da interpretare per chi (come molti adolescenti di oggi) è privo degli strumenti e del buonsenso generati da una buona educazione. E così, come nel caso della dodicenne trevigiana, non aver avuto "paletti" comportamentali e morali, non aver imparato il senso e l'eventualità della rinuncia (del "non si può e non si deve"), ha generato inevitabilmente questi piccoli ma abnormi gesti di "prostituzione": perchè, in buona sostanza, vendere le foto delle proprie intimità è come un modo di vendere il proprio corpo.

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