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lunedì 23 giugno 2008

Donadoni & il solito plotone (mediatico) d'esecuzione


E' sempre la solita storia. Non c'è nulla da fare. Si ripete per l'ennesima volta l'ennesima farsa mediatica. Dalle stelle degli elogi sperticati per la conquista dei quarti di finale europei, alle stalle delle critiche rancorose e velenose degli "addetti ai lavori" che quasi sempre sono dei commissari tecnici mancati, che avrebbero volentieri voluto essere al posto di chi in questo momento stanno impallinando, con i loro taccuini vergati con il curaro o con i notebook picchiettati con sadismo e acredine. Roberto Donadoni il giorno dopo è come Nostro Signore sulla croce, insultato e deriso dalla popolazione, con i centurioni-giornalisti tutti lì pronti a passare le loro spugne (critiche) imbevute di aceto sulle labbra del crocifisso, con qualcuno che con maggiore sadismo gli trafigge anche il costato con la lancia delle auspicate e invocate dimissioni. Ma l'uscita della Nazionale italiana di calcio, dal palcoscenico prestigioso degli Europei di Austria e Svizzera, non può certamente limitarsi all'addossare tutte le colpe sulle spalle non certo titaniche di Donadoni. Non si può sommariamente processare l'uomo che avuto il coraggio (di questo si deve parlare) di prendersi l'eredità mondiale di Marcello Lippi e in due anni ha cercato di mettere insieme quei 23 -24 giocatori che il campionato di calcio italiano (oltre a quello tedesco, spagnolo e francese) aveva messo in evidenza. Come non si può non far finta che alcuni giocatori italiani abbiano profondamente deluso in questa competizione europea. Sarà stato lo stress accumulato per via delle 60 e più partite disputate in stagione, sarà stato qualche notte a luci rosse più del consentito, sarà quel che sarà, ma nomi di un certo spessore come Toni, Aquilani, Materazzi (e mi fermo qui) non hanno certamente fatto fino in fondo il loro dovere (seppur i diretti interessati dichiarano il contrario). Alcune partite sono state caratterizzate dalla "mollezza" psicologica e fisica con cui si è entrati in campo (quella con l'Olanda per esempio), altre dalla paura di sbagliare (quella di ieri sera con la Spagna per esempio), altre ancora da una somma di fattori che includono errori arbitrali e mancanza di nerbo agonistico (quella con la Romania). Al tirar delle somme, comunque, non si può certamente essere di che soddisfatti di un attacco presentato alla vigilia degli Europei come "l'attacco delle meraviglie", con il capocannoniere italiano (Del Piero) e con quello tedesco (Luca Toni) capaci di segnare in due una cinquantina di reti in stagione e di non segnarne neanche una in quattro partite. Non si va certo avanti in una competizione dura e selettiva come quella europea con i gol di Panucci o di Pirlo o di De Rossi, non si può sempre sperare nella "buona stella" e confidare negli errori altrui (le testate allo sterno avvengono una ogni morte di papa), non è sempre possibile cullarsi sugli allori vinti e sulla tradizione vincente del tricolore. Ci vogliono anche gli attributi alla Gattuso, che non sempre pendono dalle parti di altri strapagati giocatori. Quindi cari miei (e mi rivolgo al plotone giornalistico d'esecuzione), abbassiamo le baionette, disinseriamo il colpo in canna e voltiamo pagina. Che ora la nuova pagina, il nuovo capitolo della storia della Nazionale di calcio, venga scritta da chi l'ha fatto nel recente passato (Lippi) o da un nuovo commissario tecnico è abbastanza relativo: l'importante è che il nuovo "nocchiero" sappia condurre e navigare bene la barca per approdare tra due anni alle coste del Sudafrica. Sperando in un cielo stellato come quello di Berlino di due anni fa...

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