chi semina vento raccoglie tempesta (e statuine sui denti)
Ammetto senza indugi e senza reticenze che questa notte non ho chiuso occhio. La notizia del gravissimo, esecrabile, allucinante attentato senza precedenti (escludendo un treppiedi scagliato da Del Bosco a piazza Navona) alla persona di Silvio Berlusconi mi ha lasciato in un profondo stato di prostrazione fisica e morale. Mi sento anch'io colpito nell'animo (e fortunatamente non sull'arcata dentaria), violentato da quel senso di odio e di contrapposizione ideologica che il lancio della statuina da parte di Tartaglia ha voluto significare. Immagino i pensieri partoriti ieri sera dall'abbrutita mente di Emilio Fede, non appena messo al corrente del tragico attentato (stile Beppe Braida pensiero) nei confronti del suo santo protettore politico. Non oso immaginare il senso di costernazione e di sgomento avviluppatosi intorno ai cuori e alle menti dei vari Bonaiuti, Bondi, Cicchitto, Capezzone e compagnia bella. Una tragica e funesta sensazione di impotenza e di rabbia si sarà sicuramente sviluppata lungo la colonna vertebrale del Popolo della Libertà nel momento in cui le agenzie di stampa e i mezzi di informazione dell'intero pianeta hanno ieri sera diramato la catastrofica notizia del criminoso atto terrostico messo in scena vicino al Duomo di Milano. Fortunatamente a tutto ciò ho notato quel senso di solidarietà nazionale, di vicinanza umana e politica, di fratellanza quasi mistica che hanno accompagnato le fibrillanti ore seguite al casus belli berlusconiano. E' bello sapere che ieri sera milioni di italiani hanno intimamente pianto e sofferto per il dolore fisico e morale del premier; è altamente gratificante constatare che tanti miei connazionali in queste ore si sono stretti idealmente accanto al capezzale del presidente del Consiglio, ricoverato in quella angusta stanzetta del settimo piano del San Raffaele; è immensamente appagante il pensiero che tutti quelli che nell'aprile dello scorso anno non hanno votato per Berlusconi ora come ora sono in fila (seppur idealmente) davanti all'ingresso dell'ospedale meneghino per poter portare un fiore, un sentimento di vicinanza o un semplice attestato di tenera amicizia all'uomo che da sempre predica il bene e la pace, la comprensione e l'amore fraterno tra i popoli. Un uomo che ha sempre espletato, nel suo percorso di vita, gli evangelici dettami del porgi l'altra guancia (se poi ci sono fratture del setto nasale o escoriazioni sul labbro poco importa), del volemose bene, del non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Insomma, un uomo (per non dire uno in odore di santità) che ha speso la propria esistenza nel fare del bene a tutto e a tutti, prodigandosi affinchè l'intera nazione potesse trovarsi nella condizione di benessere e di totale efficienza tipica di uno Stato guidato dal classico unto del Signore. E che fortunatamente tra una ventina di giorni potrà tornare tra di noi, non prima di averci fatto segno della sua benevolenza e del suo perdono. Magari affacciandosi dalla finestra di piazza San Pietro, non già da quella del settimo piano del San Raffaele. Tanto sempre di santi stiamo parlando...
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