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giovedì 2 luglio 2009

l'amorale & le morali conviviali


Questa storia della cena carbonara (come l'ha definita Antonio Di Pietro) tra i due giudici della Corte Costituzionale, il premier, il Guardasigilli, il consigliori del premier e un politico siciliano indagato (e dal forte odore di mafiosità) sta creando non poco imbarazzo alle truppe berlusconiane e al Pifferaio stesso. Cercano di non darlo a vedere, ma sanno di aver fatto il più classico degli autogol politici e morali. Chissà, forse sarà una specie di maledizione. O forse sarà una sorta di complotto al contrario (questa volta i giudici sono amici, non certo eversivi), fatto sta che Silvio B. non sa più dache parte andare. Voleva andare al Quirinale (al posto di Napolitano intendo...) ma non può più, non ha il pedigree immacolato. Voleva andare a Villa Certosa (lo aspettano un paio di amiche di Putin) ma non può più, c'è Zappadu in agguato. Insomma, il premier mi appare sempre di più in confusione. Il Noemigate (e il pornoromanzo pugliese) mi ha fatto constatare che il sostenitore del family day, l'uomo che bacia la mano al Papa, l'ispirato difensore dei valori della cristianità non disdegna d'accompagnarsi a ragazze delle quali potrebbe essere il nonno e di trascorrere una notte con una squillo pagata da altri. Poi questa maledetta cena: il fustigatore delle toghe rosse, il castigatore dei pubblici ministeri che partecipano a dibattiti di carattere politico, il perseguitato dalla giustizia, intrattiene rapporti amichevoli e conviviali con i magistrati che dovranno decidere sulla legittimità costituzionale della legge che l'ha reso immune dalla giustizia medesima. Quel lodo Alfano che, tra l'altro, è all'origine di una delle sentenze più innovative della storia giudiziaria italiana: la punizione di un corrotto (l'avvocato Mills) ma non del suo corruttore. La notizia della cena carbonara ha innescato un vespaio di polemiche e Mazzella (uno dei due togati) che fa? Si è cosparso il capo di cenere per la sconcertante gaffe? Si è dimesso? Figuriamoci. Il giudice Mazzella (per sottolineare la sua indipendenza) ha scritto una vibrante lettera alla presidenza del Consiglio dei ministri. Parole di fuoco: «Caro Silvio, siamo oggetto di barbarie ma ti inviterò ancora a cena». Della serie: alla vergogna non c'è mai fine. Costituzionalmente parlando. E cenando. Post Scriptum: vorrei riportare, a beneficio di quanti lo ignorano, cosa prescrive l'art. 51 del C.P.C. e precisamente, Il Giudice ha l'obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertenza su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o garante di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convivenza, il giudice può richiedere al capo d'ufficio l'autorizzazione ad astenersi; quando l'astensione riguarda il capo dell'ufficio, l'autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore.

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