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venerdì 3 luglio 2009

la matrioska del pacchetto sicurezza


Ce ne vuole del coraggio per chiamare pacchetto-sicurezza una sorta di lenzuolata di norme e misure restrittive diventate ieri legge dello Stato. Una miscellanea di ingredienti leghisti (a volte dal sapore vagamente razzista) abilmente mescolati e anche agitati dal solito Maroni e dai celoduristi della vecchia guardia, discendenti quasi diretti di Alberto da Giussano. Solo a vederli esultare ieri in Aula mi è venuto un attacco di itterizia. Solo a vedere la chiostra porcellanata (da ortopanoramica) del Pifferaio di Arcore, mostrata per far intendere che era più che soddisfatto, mi è venuta la sciolta. «E' una legge chiesta dal popolo» chiosavano ieri quelli della maggioranza, ad approvazione definitiva avvenuta, con l'arroganza e la faccia tosta di chi dimostra di voler subito incassare il dividendo del consenso al disegno di legge sulla sicurezza. Un modo alquanto anomalo e pseudopolitico di pensare che tutto ciò sia la panacea ideale per dissolvere alcune nubi addensatesi su di loro (in primis sul loro Capo) nelle ultime settimane. Impossibile però negare che alla richiesta di maggiore sicurezza che emerge dal Paese, la risposta fornita dalla maggioranza parlamentare si declina attraverso un ventaglio di misure dal valore e dal peso assai diversificato, come si trattasse di una becera matrioska. Si va infatti dall’introduzione del reato di clandestinità, alle ronde, al contrasto alle infiltrazioni mafiose, alla legalizzazione degli spray al peperoncino per autodifesa e altro ancora: una varietà che rende impossibile una valutazione univoca, obiettiva e validante. Il testo approvato al Senato è tale e quale a quello licenziato dalla Camera. L’approvazione con voto di fiducia ha cristallizzato le scelte, confermando anche le parti che più avevano sollevato reazioni contrarie, dubbi, interrogativi. È così rimasto il reato di clandestinità, avversato fin dal primo annuncio da molti tra coloro che vivono a contatto con la realtà delle persone immigrate. Sembra fugato il timore dei medici-spia e dei presidi-spia (spero di non essere smentito nei prossimi mesi) ma da più parti ancora ieri venivano avanzate domande e perplessità (non sempre ideologiche, spesso concrete, misurate sulle situazioni tante volte affiorate dalle pagine della cronaca) che a me sembrano più che giustificate. Certo, non si può fingere di ignorare le sollecitazioni, i problemi, le urgenze che rendono spesso arduo l’equilibrio tra la sicurezza e l'integrazione. Credo che sia chiaro quanto l’immigrazione rappresenti una realtà magmatica e che se non la si governa si finisce per subirla. Ma è altrettanto fuori di dubbio che la risposta non può essere solamente di ordine pubblico, anche se è necessario mettere in chiaro diritti e doveri. La tutela della legalità non può mai dare l’impressione di sconfinare in ostilità: andrebbe combattuto anche il solo sospetto che questa in definitiva possa essere la trama che sottende a iniziative legislative. L’immigrazione è un fenomeno di cui prendere atto e da affrontare con equilibrio. E l’obiettivo deve restare quello di un’integrazione in cui alla richiesta di accettazione delle nostre regole si accompagni l’offerta di una vita serena e di una dignità umana tutelata. C’è quindi da augurarsi che, ad esempio, ci si salvaguardi adeguatamente e, se necessario, con severità, contro l’eventualità di ronde che debordino dalle limitatissime competenze loro attribuite o che manifestino tendenze e propensioni pericolose. Detto questo, sono dell'idea che vada dato atto al pacchetto sicurezza di contenere anche delle misure concrete di contrasto alla criminalità organizzata, tra le quali, ad esempio, l’ampliamento dei poteri dei prefetti in relazione all’assegnazione dei beni confiscati ai boss mafiosi. Iniziativa che consentirà probabilmente una forte accelerazione delle procedure, realizzando un formidabile deterrente contro mafiosi e camorristi che temono la perdita del denaro e degli immobili più di quella della libertà. Almeno così si dà una concreta risposta a una richiesta sollecitata proprio da chi è in prima linea nella lotta contro mafia, camorra e ’ndrangheta.

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