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martedì 9 giugno 2009

una bella e sana autocritica


Ho volutamente atteso qualche ora prima di dire la mia su questo insuccesso elettorale. La delusione era tanta, la voglia di scrivere sciocchezze forse ancor di più. Ma, serenamente, pacatamente (oddio, mi sembra di parlare come qualcuno di mia conoscenza...) e intelligentemente, almeno spero, ho dato tempo al tempo ed eccomi qui a scrivere questo post inevitabilmente infarcito di sana autocritica. Senza giri di parole, bisognerà pur dire che le elezioni europee sono andate male. E molto, per quanto alcune carte si siano mischiate. Ma, in generale, è lo schieramento conservatore a vincere, incamerando voti e aumentando i propri seggi nel Parlamento europeo. Non solo, nella destra si affermano le componenti più estreme e apertamente razziste. Avviene in Inghilterra come in Ungheria, in Austria come in Italia. Il Parlamento europeo muta, dunque, fisionomia politica. Cresce la componente euroscettica. Quella sua parte, per capirci, che è tale non perché contesta l'inclinazione monetarista e liberista dell'Unione, ma perché rincula dentro logiche di gretto nazionalismo, autistico e antisolidale. La prima e fondamentale considerazione che ne ricavo è dunque che la crisi economica e finanziaria (che ha travolto le illusioni liberiste, ridicolizzato gli idolatri del mercato, generato disoccupazione ed impoverimento sociale) non ha suscitato, nelle larghe masse, una reazione di rigetto del sistema vigente. O meglio, la possibile reazione, in assenza di risposte alternative e convincenti a sinistra, si è espressa come paura ed è divenuta il combustibile di cui si sono nutrite le classi dominanti, più mobili e duttili nel rappezzare il tessuto lacerato e nel riproporsi come le più adatte a governare la crisi. Manipolando, nel contempo, un'opinione pubblica spaventata e disorientata. Quanto all'Italia, posso affermare (e non mi sembra di essere il solo oggi) che Silvio Berlusconi non ha sfondato. Anzi, che la sua forza e le sue velleità totalitarie subiscono una seria battuta d'arresto. E che lo stesso ridimensionamento del Partito Democratico sembra far tramontare l'idea di una metamorfosi non solo bipolare ma, addirittura, bipartitica del quadro politico italiano. Si può anche ragionevolmente ritenere che il referendum, attraverso il quale i due partiti più grandi hanno tentato una semplificazione autoritaria ed uno snaturamento della democrazia costituzionale, è destinato ad eclissarsi entro un paio di settimane. E tuttavia, non c'è chi non veda come questo esito sia il risultato, simultaneo, dell'astensionismo da un lato, e, dall'altro, dello strepitoso successo, in latitudine e in longitudine, della Lega Nord e dell'Italia dei Valori che raddoppia in un solo anno i suoi consensi e incassa molti voti da chi ha creduto di vedere in essa, più che in qualsiasi altra formazione politica, l'antidoto a Berlusconi e al suo sistema di potere. La sinistra, in tutte le sue articolazioni, resta sostanzialmente fuori dal gioco. E non solo perché non raggiungendo la soglia critica del 4% non avrà accesso al Parlamento europeo. Ma perché si conferma, malgrado qualche segnale di ripresa, una sua sostanziale marginalità. Della quale è assolutamente necessario prendere atto per riaprire una discussione che non si riduca nel puro e semplice scambio ritorsivo di accuse fra le parti. Ho le mie idee, al riguardo, e non mi sfugge certo la totale sconsideratezza dell'atto scissionistico che ha generato un micidiale contraccolpo, non soltanto nelle parti in contesa, uscite entrambe indebolite e impoverite da quello scontro fratricida. E, soprattutto, in quella vasta porzione dell'elettorato di sinistra che, semplicemente, ha abbandonato entrambi i contendenti. Neppure mi sfuggono gli elementi di sostanza, vale a dire i nodi politici legati ad uno scontro che solo un'estrema semplificazione può attribuire alle biografie personali. Il fatto è che non si può continuare così, perché l'olio che alimenta la fiammella rischia di finire rapidamente. Cominciamo allora ad afferrare per le corna il toro, ovvero i problemi. A partire dalla questione dell'unità a sinistra. Ho letto, nei giorni immediatamente precedenti le elezioni, su un giornale di nuovo conio, che bisognerebbe dedicarsi (a consultazione conclusa) alla ricostruzione della sinistra: mai più divisi, si leggeva. Ma poi, proseguendo nella lettura, si scopriva che alla nuova sinistra unitaria immaginata ed evocata era già imposto un preciso confine, un perimetro politicamente ben delineato: una parte rilevante del PD, Sinistra e libertà e i Radicali. Punto e basta. Gli altri, semplicemente, non entravano nel conto, non esistevano. Che questo atteggiamento non faccia che alimentare speculari idiosincrasie è del tutto evidente. Solo che mentre i capponi di Renzo si strappano le penne, la pentola nella quale rischia di esaurirsi la loro singolare tenzone è già sul fuoco. Dopodiché, di tanta centrifuga, rischia di non rimanere altro che il riflusso (più o meno dorato) di qualche notabile, in qualche generoso ospizio politico. Forse, con maggiore umiltà e riguadagnando un reciproco rispetto, occorrerebbe che tutti si interrogassero sulle ragioni di uno scollamento così persistente fra sinistra e società. Una sinistra di opinione, eclettica, chiacchierona e autoreferenziale, congenitamente malata di istituzionalismo, del tutto avulsa dal sociale, incapace di riselezionare il suo gruppo dirigente nelle lotte e nel conflitto, non va da nessuna parte. O meglio, va a destra. E può farlo persino mantenendo con tutta tranquillità un linguaggio aggressivo. Ma, come diceva Marx, attraverso le frasi si possono cambiare le frasi del mondo, ma non il mondo reale. Che non ti ascolta, se gli operai del Nord votano più che mai la Lega; se chi si batte per la laicità trova più convincente il messaggio dei Radicali; se le giovani generazioni si dividono fra quanti esauriscono il loro protagonismo nel carsico mondo dei movimenti e quanti (fuori da qualsiasi impegno politico e civile) consumano la loro esistenza e il loro sistema di relazioni in una dimensione esclusivamente privata. Ho scritto e detto in passato che la politica o è fatta per immersione nel sociale o non è. Eppure, benché nessuno contraddica apertamente questa tesi, il lavoro di inchiesta, la capacità di interrogare la realtà per trarne indicazioni, strategie utili a produrre azione diretta, langue. Peccato, perché dove invece lo si fa con continuità, i risultati si vedono. Attenzione, non si tratta di resettare tutto. Personalmente, diffido di tutti coloro che con stucchevole spocchia (altra virtù diffusa a sinistra) spiegano che bisogna azzerare tutto. Sono i costruttori di soffitte che, non volendo affrontare soverchie difficoltà, inventano ad ogni pié sospinto nuovi luoghi e nuovi contenitori. E' una storia che si ripete da vent'anni e non ha detto nulla di buono. Le scorciatoie, tutte incrostate di politicismo, portano inevitabilmente al riformismo incolore o all'implosione settaria. Luciana Castellina (che personalmente reputo una donna estremamente intelligente) ha detto che all'origine delle disgrazie della politica italiana c'è la sciagurata decisione di sciogliere il vecchio PCI. Non ci sarà tutto, ma c'è molta verità in questa affermazione. Che se non vuole rimanere un impotente grido nostalgico deve indurci a qualche riflessione non superficiale, sul passato e sul presente. Sempre che non si ritenga che ciò che è stato dovesse necessariamente accadere. La discussione è aperta. Anzi, deve riaprirsi. Questo, perlomeno, è il mio auspicio.

6 Commenti:

  • Alle mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 08:33:00 CEST , Anonymous Anonimo ha detto...

    GRANDIOSO NOMADUS

     
  • Alle mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 18:59:00 CEST , Anonymous Anonimo ha detto...

    Buonasera trovo ottimo il tuo articolo.E'ora che tutta la sinistra,dico tutta,si interroghi con umiltà sulle proprie sconfitte.Tutte le forze di centrosinistra(PD,IDV,SeL e Lista comunista)debbono mettersi intorno ad un tavolo e preparare seriamente ed unitariamente una efficace alternativa al centrodestra per le politiche del 2013.Naturalmente non dovrebbero essere ammessi settarismi e pseudoriformismi compromissori.Un dialogo serio e concreto dovrebbe essere aperto anche con i Radicali.MAURO

     
  • Alle mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 20:43:00 CEST , Blogger nomadus ha detto...

    Carissimo MAURO, sono felice che tu sia vicino alla mia analisi circa la sinistra e il da farsi dopo queste sciagurate elezioni europee e amministrative. Sai bene, conoscendomi, che non mollerò di un centimetro dalla mia posizione e dalla mia passione per le idee riformiste e soprattutto per un Paese più giusto e più libero. Spero solo di non dover invecchiare fino al 2013...Non si potrebbe prepensionare il Pifferaio?

     
  • Alle mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 20:45:00 CEST , Blogger nomadus ha detto...

    Un GRAZIE all'anonimo commentatore (o commentatrice) da parte mia. Giudizio stringato ma efficace.

     
  • Alle giovedì 11 giugno 2009 alle ore 08:55:00 CEST , Blogger rossaura ha detto...

    Ottima analisi come sempre. Sono concorde con la provocazione (o forse no) di Luciana Castellina. Certamente il pci rispondeva correttamente alle esigenze ideologiche e pratiche di un popolo che si riconosceva nella sua classe dirigente politica, ma anche nella sua classe sociale. Non è vero che l'Italia non sia divisa in classi, ma non si usa più questo linguaggio e pertanto ci si ritrova tutti nello stesso calderone. Peccato che non tutti apprezzino il brodo del Pifferaio. Avrà subito una battuta di arresto, ma ora ci sarà la Lega a continuare la rincorsa e la libertà viene a mancare ogni minuto di più.
    Morto un papa se ne fa un altro. Certo comunque la caduta del Piffero reale non mi sarebbe sgradita.
    Un sorriso un pò amaro
    Ross

     
  • Alle giovedì 11 giugno 2009 alle ore 20:37:00 CEST , Blogger nomadus ha detto...

    Io credo una cosa, cara ROSS, ed è questa: l'Italia del Pifferaio si è uniformata, si è omogeneizzata, frullata, mischiata, chiamala come vuoi tu. In una parola si è liofilizzata in un'unica classe sociale (intendo ovviamente la parte che vota per il Caimano), una sorta di replicante della classe sociale del suo Imperatore di carta (e di tv), dedita allo scandaletto oltre che all'arraffare continuo e sul border line dell'illegalità. Una classe sociale affollata di furbi e cinici avvoltoi intenti a cibarsi delle carcasse dei cittadini ormai inermi e spolpati (in tutti i sensi) che non possono opporre più alcuna volontà (fisica e morale) che sia una parvenza di opposizione allo status quo. Questo è quello che penso, mia cara Ross. Un affettuoso saluto da Nomadus.

     

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