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domenica 31 maggio 2009

il miracolo mancato


La telenovela automobilistica è finita. Almeno per quanto riguarda la puntata tedesca. E se in amore quasi tutto è lecito, e se si possono persino fare le nozze con i fichi secchi, a volte le fusioni impossibili non si possono proprio realizzare. E ce ne dispiace. In economia, un'economia impastata con la finanza e la politica, i miracoli sono più difficili. E' più facile trasformare l'acqua in vino che non veder finire nella pancia di un topolino il corpo di un elefante. Eppure, una prima volta il miracolo è riuscito a Sergio Marchionne, l'uomo del golfino. Forte soltanto di un progetto (sei milioni di auto per uscire dalla crisi) e di vetture piccole e a basso consumo per redimere gli americani, l'uomo forte della casa automobilistica torinese è riuscito ad acquisire la CHRYSLER senza sborsare un soldo, diventandone amministratore delegato e lasciando ai teorici proprietari (lavoratori e pensionati) un solo posto in CdA. Con tanto di benedizione di Obama. Il secondo miracolo, invece, la fusione con la GM Europa, è fallito. La partita è stata vinta dall'austro-canadese MAGNA, vale a dire da Putin. Meglio 300 milioni in rubli e un ipotetico mercato russo, sia pure con un'azienda che sa costruire componenti e al massimo qualche Suv, che non un progetto forte sul mercato europeo ma con una copertura economica che gli Stati interessati, e non la FIAT, avrebbero dovuto garantire. Le ultime pratiche prima dell'annuncio ufficiale del matrimonio sono in corso d'opera. A questo punto, però, mi sovviene una semplice domanda: ma per caso non era proprio il Pifferaio di Arcore il grande Berlusconi e riconosciuto amico di Putin? E come mai allora l'accordo con MAGNA è stato preannunciato proprio da un fraterno colloquio dalla cancelliera Merkel con Putin? Questa storia stimola più d'una riflessione. La prima è che l'Unione Europea non esiste (o esiste solo sulla carta) e chi è più forte fa quel che vuole, difende le sue imprese, scarica sui Paesi (e i lavoratori) colonizzati il conto dei fallimenti. E' il caso della Germania. La seconda considerazione è che l'Italia del Caimano esiste ancor meno dell'Europa. In una stagione di crisi in cui ovunque, da Washington a Berlino, da Stoccolma a Londra a Parigi, la politica comanda sull'economia, il nostro governo lascia che il regolatore di tutto sia il solo mercato. L'Italia non interferisce. Bella roba. La terza, amara considerazione è che non esiste non dico un sindacato mondiale, ma neppure un confronto solidale fra le organizzazioni operaie dei vari Paesi interessati a una vertenza che deciderà del loro lavoro e della loro vita. I più forti, i tedeschi della Ig-Metal, hanno preteso di farla da padroni con gli altri sindacati, avendo alle spalle un partito di riferimento (la Spd filo-russa) e uno Stato forte. In Italia accade un fatto che ha del paradossale: lo Stato non c'è e il padrone (leggi Marchionne) può fregarsene di consultare il governo (che neanche glielo chiede) e i sindacati, dopo aver incontrato governo e sindacati di mezzo mondo. Inutilmente la Fiom e la Cgil hanno chiesto di conoscere subito il piano di Marchionne, stanchi di vedersi comunicare solo le tabelle della cassa integrazione. Trentacinquemila posti diretti sono a rischio, ma se salta l'auto in Italia salta il lavoro di un milione di persone. Se e quando il confronto con Fiat e governo ci sarà, sarà più sfavorevole per i lavoratori, dopo il mancato secondo miracolo di Marchionne. Il fatto è che non esistono gli uomini dei miracoli. A meno che non si chiamino Silvio...

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