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venerdì 22 maggio 2009

il messaggio di Emma


Deve avere un bel caratterino la presidentessa di Confindustria. Gli ultimi dubbi me li ha tolti ascoltando il suo intervento all'Assemblea degli industriali, alla presenza delle alte sfere dell'economia, della politica e della finanza e dell'immancabile omino dei sogni, il Pifferaio per l'appunto. Nella relazione che Emma Marcegaglia ha pronunciato all’assise di Confindustria c’è un passaggio rimasto sotto traccia, in realtà fondamentale. «Senza riforme – dice la presidentessa – occorrerà attendere fino al 2013 per recuperare i livelli produttivi di prima della crisi. Un arco di tempo troppo lungo per non avere conseguenze negative sulla vita dei lavoratori, delle imprese e sulla stessa coesione sociale». È vero, i segnali positivi iniziano a far capolino e con ogni probabilità già dall’anno prossimo la recessione sarà finita. Ma, avvertono gli industriali, la caduta è stata così pesante da richiedere forti ritmi di crescita della produzione e del PIL per essere pienamente recuperata. E l’Italia, da un decennio a questa parte, non è mai cresciuta oltre l’uno virgola qualcosa. Sarà questa la sfida che attende il Paese: per tornare a respirare fuori dall’acqua della crisi occorrerà non tanto rimettersi a galleggiare, quanto nuotare con decisione, dandosi una forte spinta. Altrimenti, alla lunga, le vittime della crisi in termini di disoccupati e nuovi poveri rischiano di essere più di quante non se ne registrino oggi, nel pieno della tempesta. Ma a quali risorse attingere per dare questo colpo di reni? La presidentessa della Confindustria ha indicato con chiarezza la propria ricetta: «Si facciano le riforme, subito. Adesso». A partire da quella delle pensioni, liberando così risorse da destinare agli investimenti. Ora, a rendere necessario un graduale aumento dell’età minima pensionabile necessita l’allungamento della vita media dei cittadini e la nostra stessa struttura demografica, ormai a piramide rovesciata, con pochi bambini e moltissimi anziani. Tanto che persino il sindacato non oppone più un no pregiudiziale, ma pone condizioni, più o meno pesanti, sul come eventualmente procedere. Il più restìo ad operare in questo momento, in realtà, è il governo che ancora ieri con Tremonti ha tagliato corto: «Se ne parlerà a tempo debito». Non illudiamoci, però, che sia la pur necessaria riforma delle pensioni a portarci fuori dal guado. Fondamentale appare in realtà, a mio modesto avviso, un cambio di passo deciso nel modo di fare impresa e di lavorare nel nostro Paese. Investimenti, ricerca, innovazione, focalizzazione sul prodotto, spinta all’export e soprattutto un più stretto rapporto lavoratori-azienda sono le chiavi per accendere un nuovo, più solido sviluppo. La Confindustria e la parte più avanzata del sindacato l’hanno capito e, rinnovando il sistema contrattuale, hanno cominciato a gettare le basi della nuova fase. Che adesso, però, deve trovare concretezza: in un incremento significativo dei salari (troppo bassi), in comportamenti premianti per i giovani (troppo a lungo precari nelle aziende), nell’apertura convinta alla partecipazione nelle sue diverse forme e nell’agevolare, da parte del sindacato, la crescita della produttività delle aziende. Una notazione, però, è a questo punto necessaria. Mentre nel mondo produttivo si delinea (pur con fatica ed eccezioni) un nuovo clima d’intesa e di collaborazione, in vista d’un bene comune, in politica si avverte qualcosa di inverso, un’involuzione, un avvitarsi su se stessi. Ovvio, siamo in campagna elettorale, e l’opposizione non esita a sparare i suoi colpi. Ma è quantomeno deludente (e questa volta voglio essere magnanimo nell'utilizzo delle parole) che il Pifferaio non utilizzi linguaggi adeguati e pertinenti e che all’assemblea degli industriali continui ancora con la polemica sui giudici e riapra quella sul Parlamento e che non rinunci al battutismo. Si può per favore parlare di strategie economiche, del futuro delle imprese e della vita dei lavoratori, anziché di veline e toghe, in questo Paese? Certo che si può! Magari il giorno che deporremo dal trono il Caimano...

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