il soffio lugubre della morte
Il soffio della morte ha spazzato in venti secondi le vite di quasi trecento persone (per ora) e ha fatto precipitare nell'incubo della paura perenne gli sfollati e i feriti in terra d'Abruzzo. A mio giudizio ci sarà molto su cui riflettere, quando lo stato di assoluta emergenza sarà superato e quando la primaria necessità di dedicare ogni sforzo al soccorso delle popolazioni aquilane permetterà un'analisi più istruita delle ragioni che hanno trasformato il terremoto d'Abruzzo nell'ennesima, per nulla inevitabile, catastrofe umanitaria. So per certo che l'impegno solidale e la generosità spontanea di tante persone, di associazioni, di corpi di volontari non mancherà. Del resto, è già visibile, ed è una risorsa di cui, per fortuna, questo Paese non è privo. E tuttavia, mentre le proporzioni del disastro crescono di ora in ora e mentre le cifre di quanti mancano all'appello lasciano intuire quanto l'elenco dei morti sia ancora provvisorio, è necessario tornare, subito, su alcune questioni di fondo. Perché l'invito a non fare chiacchiere nell'ora del bisogno nasconde il cinismo di quanti vorrebbero sbarazzarsi di evidenti e reiterate inefficienze, di ritardi e di colpevole sufficienza, occultandoli dietro massicce dosi di retorica. In Italia abbiamo «piccoli terremoti e pessime case», ha ricordato il Presidente del Comitato grandi sismi della Protezione civile, Giuseppe Zamberletti. Si pensi alla casa dello studente o all'ospedale aquilano. La notizia è che il solo edificio pubblico dotato di requisiti antisismici (vale a dire la palestra) è rimasto integro. In California - infierisce Franco Barberi, presidente onorario della Commissione alti rischi - «un sisma simile non avrebbe causato un solo morto». Insomma, che il patrimonio edilizio di questo Paese sia totalmente vulnerabile e che nessuna precauzione sia stata mai, dicasi mai, adottata (neppure nelle zone a più alto rischio) mi sembra oramai acclarato. In particolare la zona dell'Aquilano è segnata in categoria uno nelle mappe sismiche, ma stranamente per la Regione Abruzzo è urbanisticamente a livello due e che quindi non impone costruzioni speciali». Allora si capisce perché a crollare come castelli di sabbia siano stati edifici di recente fabbricazione, e non soltanto le vecchie case del centro storico o quelle dei paesi di più antico insediamento, che pure avrebbero dovuto essere messe in sicurezza. D'altra parte, il comportamento della regione Abruzzo è perfettamente in linea con la latitanza del governo centrale. E' il Sole24Ore di ieri che documenta come l'impegno solennemente assunto dal Pifferaio di Arcore dopo il sisma del 2002 in Molise, nel quale perirono 27 bambini sepolti sotto le macerie della scuola di San Giuliano di Puglia, sia finito nel nulla. Il decreto che conteneva dettagliate prescrizioni per la costruzione dei nuovi edifici e per la messa in sicurezza di quelli esistenti è naufragato, nelle mani dei governi che si sono alternati alla guida del Paese. Di proroga in proroga, di rinvio in rinvio. La verità è che dentro vicende drammatiche come questa si specchia la realtà di un Paese che ha adottato il laissez faire, la deregolazione in ogni campo come metodo. E poi ancora la speculazione edilizia, la devastazione ambientale, i profitti lucrati sulla elusione delle norme antinfortunistiche, oltre a quelli derivanti dall'evasione fiscale. Grazie al Pifferaio la politica, in definitiva, altro non è che lo specchio della società, di cui essa non fa che mettere in scena i vizi su una più visibile ribalta. Può darsi che ci sia qualcosa di vero in questa peraltro autoassolutoria rappresentazione. Salvo che la politica dovrebbe coltivare un'ambizione pedagogica, piuttosto che inseguire l'opportunismo, lo spregiudicato affarismo e farsi lievito dei peggiori istinti predatori. Resto comunque visibilmente affascinato dal grande movimento di spontanea, seppur disordinata, solidarietà che da ogni dove si stringe attorno alle popolazioni colpite. E lo confronto con le disfunzioni (macroscopiche, malgrado la prosopopea di cui è circondata) della nostra Protezione civile. «Fra le più efficienti del mondo», ha sempre detto il Pifferaio. Ma ad Onna, il paesino che non c'è più, i sopravvissuti non potevano contare neppure su una tenda dove pernottare. Venti ore dopo il sisma.
2 Commenti:
Alle venerdì 10 aprile 2009 alle ore 11:58:00 CEST , Anonimo ha detto...
Buongiorno carissimo.Prima di tutto solidarietà e cordoglio per le vittime del terremoto.Secondo,anche in questo triste caso,emerge l'importanza di avere una classe politica moralmente irreprensibile.Terzo,pur nella tristezza,tanti auguri carissimi a te ed alla tua famiglia.MAURO.
Alle venerdì 10 aprile 2009 alle ore 20:26:00 CEST , nomadus ha detto...
Grazie di cuore caro MAURO. Anche io ricambio con affetto gli auguri per una serena Pasqua (per quanto possibile, visto il momento alquanto difficile che stiamo vivendo) a te, a tua moglie, alle tue figlie e a tutti i tuoi parenti. AUGURISSIMI!!
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