il Gatto & la Volpe al G20
Oramai sono inseparabili come Gianni e Pinotto, come Sandra e Raimondo, come Stanlio e Ollio. Di chi sto parlando? Ma è naturale, della coppia politica più televisiva di tutti i tempi, del duo mediatico più efficace sulla piazza: signore e signori, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Ne sono più che sicuro. Se non fosse stato per il comportamento sopra le righe del presidente del consiglio a Londra, la partecipazione dell’Italia al G20 sarebbe passata sotto silenzio. La prontezza di spirito del premier nel rubare la foto del giorno tra Barack Obama e Dimitrij Medvedev (che rivedrà da lunedì a Mosca dove si recherà a capo di una missione imprenditoriale targata Confindustria-Abi), è tuttavia bastata a rimuovere l’idea che l’Italia è rimasta fuori dai canali negoziali al tavolo del G20. E non solo per carenza di peso specifico del nostro Paese, ma anche per mancanza di idee da mettere in campo. A cominciare dal social pact che si è rivelato per quello che è: una dichiarazione sulla dimensione sociale della crisi. Se al G20 l’unica stella a brillare è stata quella del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi (che guida con successo il Financial Stability Forum), al contrario il superministro dalla erre moscia (suo oppositore in patria) ha dovuto incassare un rimprovero tutt’altro che educato dal suo presidente. (Berlusconi a Tremonti: «I ministri stavano al cesso»). I rapporti tra i due sono sempre più tesi tanto che, se è vero che Tremonti ha dovuto incassare le pesanti battute del premier, quest’ultimo ha dovuto smentire se stesso rassicurando che non è intenzione del governo sforare i parametri di bilancio previsti dall’Uem. E così a Tremonti, che si vanta di aver visto la crisi prima degli altri, è toccato l’infelice compito di sostenere che il governo italiano invece di pensare agli ammortizzatori sociali vorrebbe intervenire con strumenti addizionali ex ante. Idea felice se fosse arrivata un anno fa, quando la crisi non mordeva ancora, e non ora quando si contano già le vittime. È poi singolare che, mentre Francia e Germania creano un asse comune per inchiodare i 20 sulle regole finanziarie, con Draghi a dar loro una mano sulla richiesta di uno sforzo di trasparenza sui bilanci bancari e sui paradisi fiscali, l’Italia (che ha un welfare più carente degli altri partner europei) voglia sottolineare il carattere sociale della crisi. Compito ingrato quello di Tremonti, che in questi mesi per mascherare l’assenza di una politica anticiclica, si è eretto a difensore dei saldi di bilancio, tipico del commercialista (quale egli è sempre stato...). Compito tanto più scomodo nei prossimi mesi, quando l’impatto della crisi si riverserà in modo pesante sul mondo produttivo, senza che l’Italia abbia messo in atto le misure tedesche di sostegno e neanche quelle francesi. Il carisma mediatico del Pifferaio, al quale guarda con ammirazione una buona fetta degli italiani, non potrà ancora per molto tacitare i malumori e le tensioni che la crisi, in termini di discriminazioni sociali, sta iniziando a produrre. Senza contare che l’unico risultato per l’Italia che i nostri sherpa stavano negoziando, ovvero un rilancio del Doha Round al G8 della Maddalena, non è stato incassato granchè dal premier troppo impegnato a monopolizzare l’attenzione di Mr. Obama e a fare le solite battute da occasionale show man da nave da crociera.
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