lettera di una precaria
Dedicare un ulteriore post all'argomento principe delle discussioni attuali degli italiani (la precarietà, il senso di povertà, la crisi economica globale) mi sembra un atto dovuto e rispettoso nei confronti dell'intelligenza e della sensibilità che presumo abbiano tutti i lettori di questo blog. Ma questo post lo scrive integralmente una persona che non sono io, bensì una nuova precaria dello sterminato universo dei senza lavoro o dei candidati alla disoccupazione (il risultato non cambia). Lei si chiama Amalia Perfetti e questa è la sua storia raccontata in presa diretta. Dal prossimo primo settembre sarò, con buone probabilità, non più insegnante precaria, ma semplicemente disoccupata! A giorni compio 46 anni e dopo 10 anni di precariato nell'Università e 11 nella scuola, a mia figlia dovrò dire che forse dovrò rinunciare a parecchie cose, visto che in casa entrerà uno stipendio in meno. Sarò infatti una delle vittime del taglio drastico delle cattedre d'Italiano, Storia e Geografia alle medie. Molto drastico, perché si tratta, grazie ai provvedimenti Gelmini/Tremonti, del 25% delle cattedre, che sugli alunni avranno l'effetto di 2 ore in meno d'Italiano la settimana (le ore scenderanno a 5, lo stesso numero propongono per Inglese). Quest'anno non sono diventata di ruolo per tre posizioni in graduatoria e questo perché mentre per tutti gli altri insegnamenti sono state fatte immissioni in ruolo pari al 48% dei posti vacanti, per la mia classe di concorso si sono limitati al 24% in previsione dei tagli. E tutto questo nel silenzio più assoluto. In tutto siamo stati 2000 a condividere la stessa sorte. 2000 persone destinate per quest'anno ancora alla precarietà e per il prossimo, insieme purtroppo a tante altre (svariate migliaia), alla non occupazione. Ho passato un'estate nello sconforto, con mia figlia che vedendomi piangere (sono una donna risoluta e pratica, ma sono stata presa da una disperazione che mi ha disarmato) mi ripeteva «ma dai mamma, vedrai che le cose andranno meglio». In una di queste giornate nere mi sono decisa a presentare la domanda come collaboratrice scolastica, bidella per capirci. E due settimane fa sono uscite le graduatorie definitive e ho ricevuto moltissime chiamate per incarichi annuali fino al 30 giugno. Ho risposto che per quest'anno ancora facevo la prof, ma di tenermi in considerazione per il prossimo anno. Da una scuola mi hanno risposto «Mi scusi, ma non pensa che una laureata dovrebbe avere altre aspirazioni?», da un'altra «Poverina ha ragione, abbiamo appena verificato che qui l'anno prossimo si perderanno 4 posti della sua classe di concorso». Una possibilità di occupazione? No, neanche su questo posso farmi illusioni, la iattura dei tagli sarà terrificante anche per il personale Ata e quindi, neanche la bidella mi faranno fare.Sono stanca, molto stanca... Nel frattempo mia figlia cresce e da grande vuole fare la professoressa come me, ma ormai aggiunge «se me la faranno fare». L'anno prossimo inizierà il liceo. Verrebbe da chiedere se fosse possibile farle ereditare la mia posizione in graduatoria, almeno il mio infinito precariato avrebbe un senso. Tutte queste vicende mi hanno anche allontanato dal sindacato, il "Mai più precari" è stato uno slogan che non ha trovato seguito. Siamo utili come bandiera, ma difficili da gestire. Quest'estate poi non ho trovato nemmeno una riga sulla sorte di 2000 insegnanti di Italiano, ovviamente la cosa avrebbe meritato una qualche iniziativa di protesta, ma mi sarei accontentata anche di un qualche comunicato. Quello che però mi ha più ferito è stato il fatto che le persone con cui in sindacato collaboravo più direttamente, non si sono degnate di farmi una telefonata, almeno di solidarietà... E questo dopo tanto lavoro fatto con passione e sacrificio, iniziative, assemblee, consulenza. Pazienza, la mia tessera è lì, nel borsellino. Ogni tanto ho voglia di ritirare la delega e anche qui mia figlia ha un ruolo fondamentale. È fiera, nonostante abbia solo 13 anni, di far parte di una famiglia di sinistra ed è affezionata alla Cgil, che con passione vede come una condivisione di ideali alla quale non si può rinunciare. So di essere stata prolissa, ma so anche di essermi limitata all'essenziale, o per meglio dire al personale. Precariato a parte, cosa vogliono fare della scuola italiana? Ci lamentiamo delle carenze in italiano dei nostri giovani e cosa facciamo per risolvere il problema, diminuiamo le ore dedicate alla nostra lingua? E ancora, chi farà l'ora alternativa all'insegnamento della religione cattolica? Questa era affidata agli insegnanti di italiano nelle loro ore a disposizione, sacrificate sull'altare dei tagli. Metteremo i ragazzi che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica in attesa sui corridoi? Sembra che la cosa non riguardi nessuno, nemmeno la Cgil, che su questo argomento potrebbe costruire una bella battaglia. Una di quelle che però, a quanto pare, nessuno vuole più combattere!Amalia Perfetti
2 Commenti:
Alle sabato 28 febbraio 2009 alle ore 14:47:00 CET , rossaura ha detto...
Leggere questa lettera fa male al cuore. Se non bastasse questo fa male anche all'intelligenza. Se la nostra scuola era tanto presa male, perchè hanno avuto la pensata di renderla una scuola da terzo mondo, riducendo i docenti e le ore della lingua italiana, per non parlare di storia e geografia.
I nostri figli sono destinati all'omologazione, ad essere videodipendenti e a non saper parlare italiano, scrivere in maniera corretta, sapere cos'era il fascismo e non sapere dove si trova Agrigento.
Mi spiace per la delusione delle aspettative naturali e dei diritti sacrosanti di un'insegnante che si vede sottrarre il lavoro dopo 10 anni di precariato e come lei molte altre persone. L'Italia si impoverisce giorno dopo giorno, più che in senso di denaro, che è già un bel senso, in quello culturale e conoscitivo.
Mio figlio laureato in Storia dopo la specialistica sognerebbe di insegnare. La cosa che gli resta da fare invece è andare all'estero e farsi un dottorato, in questo modo forse verso i 30 anni si troverà a scegliere di insegnare all'estero oppure di tornare in Italia e di fare l'idraulico.
Suppongo che questa seconda possibilità possa essere la più praticabile.
Incoraggio la signora a non scoraggiarsi e sono con la figlia propensa a non mollare mai, neanche con il sindacato che forse è vero che negli ultimi anni ha perso smalto ma che con i tempi che corrono dovrà prima o dopo serrare i ranghi per difendersi da ben altri attacchi.
Per quanto riguarda gli iscritti degli altri due, quelli i ranghi non sanno neanche cosa sono.
Caro nomadus un altro pietrone sul cuore mi hai messo, ma ti perdono perchè so che è un masso immane anche per te.
Un abbraccio scoraggiato
Ross
Alle sabato 28 febbraio 2009 alle ore 15:02:00 CET , nomadus ha detto...
Come ben sai, cara ROSSAURA, io non ho mai conosciuto la gioia di diventare padre, ma pur tuttavia ho deciso di condividere (attraverso la pubblicazione di questa lettera) il dolore, la sfiducia e la rabbia impotente di una donna nel pieno della maturità e della femminilità che si ritrova in un attimo scaraventata nel buco nero della disperazione da precaria. Il "pietrone" sul cuore che ti ho messo è già poggiato sul mio, seppur attenuato dal non dover (per ora) dire ad un ipotetico figlio che il suo papà si ritrova con il culo per terra a causa dei tagli del disboscatore sociale Tremonti, coadiuvato dalla Maria Stella tanto brava e tanto bella. Lo so, a volte dovrei essere un blogger meno cinico e meno cattivo, ma lo sai che di fronte a certe emozioni che rimbalzano dalla Rete sono costretto a non dover chiudere gli occhi e a non spegnere l'audio...Grazie del tuo perdono. Un bacio riparatore da nomadus.
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