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giovedì 8 maggio 2008

all'ombra del Governo ombra...


Archiviata la pratica berlusconiana del nuovo (si fa per dire) governo della XVI legislatura, che proprio in questi minuti si accinge a giurare nelle mani del presidente della Repubblica, mi sovviene una riflessione e una speranza, tutti e due dedicati al Partito Democratico, a Walter Veltroni e al cosiddetto "governo ombra". La riflessione verte sulla dinamica politica che il partito dell'ex sindaco di Roma dovrà gioco forza prevedere e incominciare a mettere in atto. La speranza è che alle parole seguano i fatti. Orbene, ieri Veltroni è stato invitato a pranzo da Romano Prodi a Palazzo Chigi (visto che era anche l'ultimo giorno di permanenza del Professore in quella sede). Un incontro cordiale, amichevole, quasi soporifero. L'unico momento di frizione, o di animato scambio di opinioni, è stato quando (almeno così raccontano le cronache di Palazzo) Veltroni ha chiesto a Prodi se era veramente deciso e convinto nel lasciare la presidenza del Partito Democratico. Al che il Professore ha risposto con tono deciso e alquanto infastidito di sì, certo che era sicuro e convinto. Ed ha preso la palla al balzo per chiedere a Veltroni se era pronto per fare questa "opposizione" ferma e decisa al governo Berlusconi e, soprattutto, se aveva già in mente il nome da proporre (per consuetudine spetta appunto all'opposizione) per la presidenza del Comitato parlamentare per i servizi. Al che l'ex sindaco ha subito buttato sul tavolo il nome del suo sodale di sempre, Francesco Rutelli, mentre Prodi gli suggeriva il nome di Arturo Parisi (anche perchè di norma su quella poltrona si è sempre seduto un ex ministro della Difesa o dell'Interno). Sono curioso di vedere come andrà a finire questa nomina. Nel frattempo, però, auspicherei una certa accelerata da parte del buon Walter (e dei suoi collaboratori) nel voler far prendere corpo a questo benedetto "Shadow Cabinet" nostrano: un governo ombra che dovrebbe vedere la presenza di nomi abbastanza di peso e di spessore (a volte molto più di quello ufficiale) come quelli di Antonio Di Pietro alla Giustizia, Piero Fassino agli Esteri, Marco Minniti all'Interno, Enrico Morando allo Sviluppo Economico e Roberta Pinotti alla Difesa. Altri nomi nella rosa sono quelli di Pietro Ichino, Linda Lanzillotta, Stefano Ceccanti, Giorgio Tonini e Maria Paola Merloni. Sia come sia, nome giusto o nome sbagliato, il segretario del Partito Democratico è chiamato ad un compito niente affatto facile: ricostruire quella unità intellettuale, politica e di competenza frantumatasi dopo il voto del 13 e 14 aprile e, a mio modesto parere, anche di riallacciare i fili del dialogo con gli esponenti della sinistra (non più presenti in Parlamento) che ancora possono apportare il loro contributo utile, anzi necessario, alla ricostruzione di una grande realtà parlamentare, specchio fedele di quei milioni di italiani (mi ci metto anch'io) desiderosi di vivere una nuova stagione politica fatta di concretezza, serietà e rispetto delle istituzioni repubblicane, non certo di soubrette, poeti mancati, amanti dei fucili (veri o di carta) e di inquisiti...

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