l'"Arciere" senza più frecce
Torno ad occuparmi questa mattina del caso di Riccardo Ravera, il maresciallo dei Carabinieri meglio noto come Arciere, da un pò di giorni agli arresti domiciliari per la vicenda di Stupinigi del 2004 (ne avevo già parlato martedì scorso, http://tpi-back.blogspot.com/2008/03/larciere-infilzato-dalla-mala-giustizia.html). Effettivamente la vicenda di Arciere ha molto colpito e fatto discutere, soprattutto tra i bloggers, per la sua anomalia giudiziaria (un servitore dello Stato autore della cattura di Riina punito dallo Stato per una presunta estorsione) e per la evidente volontà delle Istituzioni di far scivolare nell'oblìo mediatico la figura di un esponente delle forze dell'ordine che certamente non si è sottratto ai suoi doveri e ai suoi compiti. Così oggi, per meglio delineare il quadro e i contorni della vicenda, viene in soccorso una sua intervista concessa a Massimo Numa, giornalista de La Stampa di Torino, che vi voglio integralmente riproporre. Buona lettura. E buona riflessione.
Arciere è nella sua casa, in una località segreta della cintura torinese. Il carabiniere che, assieme ai colleghi del Crimor del capitano Ultimo, arrestò nel ‘93 a Palermo Totò Riina, è da lunedì scorso agli arresti domiciliari, per la storia dei mobili di Stupinigi rubati nel 2004 e restituiti nel 2005. Accusato di concorso in estorsione e di aver detto il falso nelle relazioni di servizio. Ieri l’eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio, lo ha voluto incontrare. Con lui solo la moglie Gabriella, le due figlie erano a scuola. La vita della famiglia del maresciallo Riccardo Ravera s’è come fermata, il 18 dicembre scorso, «quando ho appreso dai giornali di essere indagato...». Arciere, 46 anni, subito dopo era stato colto da malore. Della sua vicenda si occupa anche il Quirinale, sollecitato da Borghezio. Sarà l’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio a valutare la situazione processuale. La segreteria della Presidenza della Repubblica ha aperto un fascicolo, perchè Arciere aveva ricevuto la medaglia di bronzo al merito, dopo il recupero del tesoro di Stupinigi. Camicia a righe bianche e azzurre, blue jeans. Sereno. Non polemizza coi pm, nè appare impaurito. E’ difeso dall’avvocato Loredana Gemelli. Come si sente, in queste ore così difficili? «È un momento terribile ma non ho alcuna intenzione di non combattere più. Ti senti solo, indifeso. Quando mi hanno ritirato la pistola e il tesserino ho pensato che forse era un modo per non farmi sentire più carabiniere ma io mi sento lo stesso, carabiniere. Ancora più di prima. Combatto anche per l’Arma, non solo per me stesso». Quando è stato arrestato... «Resti stupito a leggere che la procura aveva chiesto il carcere e che poi il gip invece ha deciso per i domiciliari. Io so che non ho nulla da rimproverarmi. Trovo strano che per l’interrogatorio si fosse deciso per le 13, in contemporanea con l’agente (tuttora in carcere). Forse credevano che mi avvalessi della facoltà di non rispondere. Invece ho parlato per quattro ore e avrei proseguito per altre quaranta. Mi è stato detto: “concentrati su quattro, cinque punti”. Eh, no. Sono in grado di intervenire su ogni passaggio delle 73 pagine dell’ordinanza». E la sua famiglia? Non deve essere stato facile spiegare... «L’amore dei miei è quello che mi dà la forza di andare avanti. Le mie figlie mi hanno scritto una letterina, con un disegno, per la festa del papà. Mia moglie è una donna forte. Mai come ora tutto questo è necessario per resistere». Dopo che il vero nome di Arciere è stato rivelato, lei - che è un nemico mortale della mafia - si sente in pericolo? «Sono qui, nella mia casa, agli arresti. Come si può vedere, i controlli sono quelli di routine e non c’è nessun tipo di tutela. Ma non ho paura. Semmai mi preoccupo per i miei». A quando il prossimo interrogatorio?«La prossima settimana. Mi è stato detto che ci sarà anche il procuratore Marcello Maddalena. Ho molto da dire. Da tempo avevo chiesto di essere ascoltato dai pm». Il suo glorioso passato, cioè l’arresto del numero uno della mafia, non sembra averle portato molta fortuna, vero? «Ho pensato molto... Ho avuto la fortuna di combattere contro la mafia, a fianco di carabinieri e magistrati eccezionali. Mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Flash indelebili: Riina impassibile, appena ammanettato da Ultimo e da me. Perso nei suoi pensieri. Ho un progetto, quello di scrivere, di ricostruire la “nostra” storia, dagli Anni ‘80 sino alla fine del ‘99. Ci fu un periodo irripetibile, il più bello, quando conobbi Ultimo, che era ancora tenente. Sarà un memoriale. Lo dedicherò ai carabinieri, ai poliziotti, ai magistrati uccisi. A tutte le vittime della mafia». E infine le amarezze di oggi... «Già. Voglio restituirla, la medaglia del Quirinale, perchè questa vicenda l’infanga e infanga anche chi me la concesse. E’ un atto dovuto. Anche per l’Arma». Il Comando generale ha avuto parole di stima per la sua integrità e professionalità... «È stato l’unico istante di gioia, in questo incubo. Mi sono sentito di nuovo me stesso. Perchè l’Arma, per me, è qualcosa che mi porto dentro, nell’anima e nel cuore. E per sempre».
Arciere è nella sua casa, in una località segreta della cintura torinese. Il carabiniere che, assieme ai colleghi del Crimor del capitano Ultimo, arrestò nel ‘93 a Palermo Totò Riina, è da lunedì scorso agli arresti domiciliari, per la storia dei mobili di Stupinigi rubati nel 2004 e restituiti nel 2005. Accusato di concorso in estorsione e di aver detto il falso nelle relazioni di servizio. Ieri l’eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio, lo ha voluto incontrare. Con lui solo la moglie Gabriella, le due figlie erano a scuola. La vita della famiglia del maresciallo Riccardo Ravera s’è come fermata, il 18 dicembre scorso, «quando ho appreso dai giornali di essere indagato...». Arciere, 46 anni, subito dopo era stato colto da malore. Della sua vicenda si occupa anche il Quirinale, sollecitato da Borghezio. Sarà l’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio a valutare la situazione processuale. La segreteria della Presidenza della Repubblica ha aperto un fascicolo, perchè Arciere aveva ricevuto la medaglia di bronzo al merito, dopo il recupero del tesoro di Stupinigi. Camicia a righe bianche e azzurre, blue jeans. Sereno. Non polemizza coi pm, nè appare impaurito. E’ difeso dall’avvocato Loredana Gemelli. Come si sente, in queste ore così difficili? «È un momento terribile ma non ho alcuna intenzione di non combattere più. Ti senti solo, indifeso. Quando mi hanno ritirato la pistola e il tesserino ho pensato che forse era un modo per non farmi sentire più carabiniere ma io mi sento lo stesso, carabiniere. Ancora più di prima. Combatto anche per l’Arma, non solo per me stesso». Quando è stato arrestato... «Resti stupito a leggere che la procura aveva chiesto il carcere e che poi il gip invece ha deciso per i domiciliari. Io so che non ho nulla da rimproverarmi. Trovo strano che per l’interrogatorio si fosse deciso per le 13, in contemporanea con l’agente (tuttora in carcere). Forse credevano che mi avvalessi della facoltà di non rispondere. Invece ho parlato per quattro ore e avrei proseguito per altre quaranta. Mi è stato detto: “concentrati su quattro, cinque punti”. Eh, no. Sono in grado di intervenire su ogni passaggio delle 73 pagine dell’ordinanza». E la sua famiglia? Non deve essere stato facile spiegare... «L’amore dei miei è quello che mi dà la forza di andare avanti. Le mie figlie mi hanno scritto una letterina, con un disegno, per la festa del papà. Mia moglie è una donna forte. Mai come ora tutto questo è necessario per resistere». Dopo che il vero nome di Arciere è stato rivelato, lei - che è un nemico mortale della mafia - si sente in pericolo? «Sono qui, nella mia casa, agli arresti. Come si può vedere, i controlli sono quelli di routine e non c’è nessun tipo di tutela. Ma non ho paura. Semmai mi preoccupo per i miei». A quando il prossimo interrogatorio?«La prossima settimana. Mi è stato detto che ci sarà anche il procuratore Marcello Maddalena. Ho molto da dire. Da tempo avevo chiesto di essere ascoltato dai pm». Il suo glorioso passato, cioè l’arresto del numero uno della mafia, non sembra averle portato molta fortuna, vero? «Ho pensato molto... Ho avuto la fortuna di combattere contro la mafia, a fianco di carabinieri e magistrati eccezionali. Mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Flash indelebili: Riina impassibile, appena ammanettato da Ultimo e da me. Perso nei suoi pensieri. Ho un progetto, quello di scrivere, di ricostruire la “nostra” storia, dagli Anni ‘80 sino alla fine del ‘99. Ci fu un periodo irripetibile, il più bello, quando conobbi Ultimo, che era ancora tenente. Sarà un memoriale. Lo dedicherò ai carabinieri, ai poliziotti, ai magistrati uccisi. A tutte le vittime della mafia». E infine le amarezze di oggi... «Già. Voglio restituirla, la medaglia del Quirinale, perchè questa vicenda l’infanga e infanga anche chi me la concesse. E’ un atto dovuto. Anche per l’Arma». Il Comando generale ha avuto parole di stima per la sua integrità e professionalità... «È stato l’unico istante di gioia, in questo incubo. Mi sono sentito di nuovo me stesso. Perchè l’Arma, per me, è qualcosa che mi porto dentro, nell’anima e nel cuore. E per sempre».
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