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domenica 26 luglio 2009

qualcuno era comunista (non certo Luca Telese)


Il titolo di una bella canzone di Giorgio Gaber è stato preso in prestito dal notista politico del Giornale made in Berlusconi per farne la chiave di volta della sua ultima fatica editoriale. Luca Telese ha fatto uscire da circa un mese un convincente e discusso libro: Qualcuno era comunista con sottotitolo "Dalla caduta del Muro alla fine del PCI: come i comunisti italiani sono diventati ex e post", edito dalla Sperling & Kupfer (756 pagine, 22 euro). Un saggio utilissimo per comprendere come, dalla caduta del muro di Berlino, i comunisti italiani siano diventati ex e post. Una vicenda che permette di analizzare le contraddizioni dell’attuale panorama politico nazionale, da una parte il PD e dall’altra il PdL. Due movimenti a vocazione maggioritaria, tipica espressione di un bipolarismo monco. Numerosi degli episodi raccontati dal bravo Telese sembrano essere stati dimenticati dagli stessi protagonisti della svolta. Quindici mesi (tra la fine del 1989 e gli inizi del 1991) in cui si decretò la fine del più importante partito comunista dell’Europa occidentale. Una vicenda intricata che ha assunto sia toni epici che, soprattutto, farseschi. Scorrendo gli articoli apparsi sui quotidiani di quel periodo, il cronista parlamentare de il Giornale ha scoperto come le dichiarazioni rilasciate all'epoca dai massimi dirigenti comunisti assomiglino a quelle odierne degli omologhi del PD. Insomma, oggi come allora manca una linea comune e a farla da padrone sono le correnti più o meno organizzate. Nonostante la poca organizzazione del centrosinistra italiano, la generazione dei quarantenni della segreteria del PCI dell’89 è però riuscita a stare stabilmente al potere. Massimo D'Alema, Piero Fassino, Livia Turco e Antonio Bassolino sono ancora saldamente sulla cresta dell’onda, senza nessuna intenzione di cedere il testimone. Una parte dell’opera di Telese non poteva che essere dedicata all’indimenticato segretario Enrico Berlinguer. Col senno di poi si potrebbe arrivare a dire che anche il politico sassarese avesse pensato di trasformare il PCI in qualcos’altro, un progetto frenato forse dalle pressioni di Mosca (accompagnate però da una grande quantità di rubli) e dall’ala filosovietica del partito. Tuttavia Berlinguer non lesinò pesanti critiche al Cremlino. Telese narra infatti un episodio destinato a restare nella storia: in un discorso di soli sei minuti Berlinguer mise in crisi il solido rapporto che intercorreva tra Roma e l’Unione Sovietica, una liaison cementificata soprattutto da Palmiro Togliatti, protagonista della repressione contro i comunisti polacchi durante il suo esilio sovietico. Era il 1976, e sulle colline Lenin, nei dintorni di Mosca, si stava svolgendo il congresso del PCUS. Di fronte al gotha mondiale del socialismo reale (lo stesso che si vantava di governare su un sesto delle terre emerse del pianeta), Berlinguer pronunciò due parole: democrazia e pluralismo capaci di segnare una frattura netta con il comunismo sovietico, lo stesso che soffocò nel sangue la rivolta degli studenti ungheresi e le dimostrazioni della primavera di Praga. Luca Telese, poi, non ha dimenticato di sottolineare quanto fosse solenne il cerimoniale del PCI. Ad esempio, la nascita di Tango, l’inserto rosa de l'Unità diretto da Sergio Staino, produsse l’invenzione di un nuovo linguaggio capace di contaminare satira e politica. Una finta vignetta di Giorgio Forattini, che raffigurava il segretario Alessandro Natta che ballava il tango sulle note di un’orchestrina composta da Bettino Craxi e Amintore Fanfani, intitolata Nattango, provocò una vera e propria crisi politica. Fu addirittura necessaria una riunione del Comitato centrale del partito per decidere come rispondere al fuoco amico dei vignettisti. Assise a cui partecipò l’allora direttore del quotidiano del partito, Massimo D’Alema. Raccogliendo le testimonianze di due strettissimi collaboratori dell’ex premier, quelle di Fabrizio Rondolino e di Claudio Velardi, in questo libro Luca Telese ci descrive un D’Alema quasi allergico alla vita sociale e vestito in perfetto stile apparatnik. Una persona radicalmente diversa rispetto a quella che conosciamo. I sostenitori del PD potrebbero percepire questo libro come la narrazione di un mondo lontano, gli ex e i post, che nella loro lotta per il potere, hanno fatto in modo di cancellare il loro passato. Il terremoto del 1989 ci ha consegnato una sinistra senza identità, capace solo di cambiar nome in quattro anni. E forse dobbiamo ringraziare Luca Telese per avercelo ricordato.

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