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lunedì 1 novembre 2010

una lettera da far diventare un manifesto


Quella che vi sto per far leggere, cari frequentatori del mio blog, è una lettera scritta da Marina Terragni (giornalista e scrittrice, nella foto in alto) al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ripresa da molti blogger e da alcuni organi di stampa on line e che merita la maggior diffusione possibile, perchè fa riflettere e perchè è da condividere parola per parola, virgola per virgola, punto per punto. Immagino che gli sciacalli prezzolati e sudici che gironzolano affamati intorno al Pifferaio di Arcore non abbiano la benchè minima intenzione di fargliela leggere, anche perchè ci sarebbe il pericolo di un risveglio di coscienza da parte del vecchio satrapo e la conseguenza (per gli sciacalli prezzolati) sarebbe quella del TUTTI A CASA. In fondo al mio cuore alberga attualmente la legittima speranza che il premier si comporti da vecchio responsabile e ravveduto, proprio come se lo augura l'autrice della lettera che vi prego di scorrere con la massima attenzione, miei cari frequentatori di questo blog.
Signor Presidente del Consiglio, sono abbastanza vecchia da non poter più aspirare a essere selezionata per i suoi party a Villa San Martino, ma anche abbastanza giovane da poter essere sua figlia (per bontà divina non lo sono). Quelle ragazze sono mie figlie, e Lei è il loro nonno. Lei dice di aver diritto a godersi la vita, ma anche quelle ragazze hanno diritto a godersela. Se sua figlia o sua nipote, per godersi la vita, per trovare un posto nel mondo, o per legittima per quanto malriposta ambizione, dovessero danzare e spogliarsi per un vecchio quale Lei è, o perfino accomodarsi tra le sue braccia, Lei di sicuro ne soffrirebbe molto. Che queste ragazze siano minorenni o maggiorenni è un fatto che riguarda la legge. Ma anche se avessero 25 anni rimarrebbe aperta una seria questione di coscienza. Signor Presidente del Consiglio, attualmente Lei gode ancora del consenso della maggioranza degli italiani, ma questo non la dispensa dalla più elementare legge morale, che è quella di non fare del male a chi è indifeso, e di non approfittare di chi si trova in una situazione di bisogno. Se quelle ragazze vengono ai suoi party, signor Presidente, non è perchè la trovino attraente, ma solo perchè sperano di ricavarne qualche vantaggio. Per qualunque donna giovane e feconda, non si faccia illusioni, il contatto con un uomo vecchio è ripugnante. Senza eccezioni. Lei compreso. Questo può essere molto doloroso per un uomo che provi ancora il desiderio di una donna, contravveleno alla paura della morte che si avvicina. A quanto ci viene raccontato da molta letteratura, da vecchi il desiderio può essere ancora lancinante, e perfino disperato. Ma vi è la possibilità che il dispositivo della coscienza sia più forte, che il desiderio venga sublimato, che l'istinto di proteggere chi è più piccolo, come quelle quasi-bambine, abbia la meglio. Su questa possibilità e su questa speranza basiamo gran parte del patto umano. Ci sono anche i ragazzi, non solo le ragazze, a cui da molti anni, praticamente da quando sono al mondo, Lei offre un modello di relazione tra uomini e donne basato sullo scambio sesso-potere-denaro. I suoi figli e i suoi nipoti, che la osservano, si sentono certamente mortificati dal suo lassismo. Signor Presidente, molti osservatori concordano sul fatto che il tempo del suo premierato è in scadenza, che siamo agli ultimi giorni di Pompei, e si sa che un impero alla sua fine esprime quasi sempre un collaterale degrado morale. Ma senza voler parlare di politica, stando all'essenziale della sua e anche della mia umanità, l'auspicio, signor Presidente, è che in uscita Lei accetti i limiti e le responsabilità connessi alla sua età veneranda, che trovi la forza morale per esprimere qualche ravvedimento, per restituire in extremis alle giovani generazioni quello che, insieme a ben altro (la possibilità di un lavoro, di una casa, di una vita), è stato loro tolto: la fiducia nell'amore vero, costruito nel rispetto e nella dignità, e nella possibilità di costruire insieme, uomini e donne, quel poco di serenità in cui ci viene dato di sperare nella vita. Si lasci aiutare a farlo, se da solo non ci riesce. Detto come da una figlia a un padre in gravi difficoltà, e provando una profonda compassione, per Lei e per tutti.
Mi permetto di aggiungere alla ineccepibile lettera di Marina Terragni una semplice riflessione del tutto personale. Credo che se fosse ancora in vita l'adorata mamma di Silvio Berlusconi, la signora Rosa Bossi, le stesse frasi e le stesse considerazioni fatte dalla Terragni sarebbero state dette dalla signora Rosa al figliolo e che questi non avrebbe esitato un momento a chinare il capo e a dimettersi dal ruolo di capo del governo, abbandonando immediatamente la scena politica e ritirandosi a vita privata. Magari in un bel convento. Assolutamente senza novizie.

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