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giovedì 22 luglio 2010

e se il sogno di Belpietro si avverasse?


A forza di scrivere cazzate sul suo bel giornalino (denominato impropriamente Libero) che dirige da poco meno di un anno, uno dei lecchini dop di sua maestà Silvio (ovvero Maurizio "Slurp" Belpietro) deve aver fatto indigestione di notiziole taroccate e di telefonate sollecitative da parte del suo datore di lavoro, tanto da doversi sentir male di notte a tal punto da avere degli incubi prontamente messi nero su bianco la mattina successiva sulle colonne putride del giornalino di viale Majno. Infatti l'editoriale di oggi firmato e sottoscritto dal mascellone volitivo con le labbra tatuate è proprio il frutto evidente di un sogno mal riuscito, di un incubo nefasto che personalmente spero proprio si avveri e anche al più presto. Per chi se lo fosse perso (e credo e spero siano stati in molti) ripropongo integralmente il sogno preveggente di Belpietro il cui finale dovrebbe avverarsi nella prossima primavera. Se poi riuscissimo a farla diventare realtà entro quest'anno di certo non mi strapperei quei pochi capelli che mi sono rimasti. Buona lettura (se così si può dire...). Ho fatto un brutto sogno. L'incubo iniziava con il rientro dalle vacanze e fin qui nulla di strano, visto che il ritorno al lavoro è per chiunque uno choc. Il mio però cominciava in Parlamento e già l'ambientazione non è delle migliori. Nell'aula di Montecitorio, resa sorda e grigia da un clima di rompete le righe che aleggiava da settimane, si doveva votare sulla richiesta dei pm di Roma di utilizzare le intercettazioni telefoniche a carico di Denis Verdini e di Nicola Cosentino (due frati francescani prestati temporaneamente alla politica, giusto il tempo per raccogliere offerte per le missioni in Congo...scusatemi per l'intrusione). I due parlamentari pidiellini coinvolti nella fumosa inchiesta sulla P3, invece di venir salvati dalla propria maggioranza, come è successo sempre, perfino con D'Alema e compagni i quali sono stati aiutati dal centrodestra a non rispondere dell'affare Unipol, nel sogno venivano scaricati e spediti a processo, con addirittura una richiesta d'arresto sulle loro teste. L'incubo proseguiva con le dimissioni dei due, il primo costretto a lasciare il posto di coordinatore del Popolo delle Libertà, il secondo la Camera. Passate poche settimane, toccava a un altro deputato della maggioranza cadere. Questa volta si trattava del sottosegretario Giacomo Caliendo, anche lui finito nel mirino della procura capitolina per aver frequentato la loggia dei tre pirla guidata da Flavio carboni. Così, tra teste mozzate e applausi dei mozz'orecchie, s'arrivava a fine ottobre, quando la Corte costituzionale era chiamata a valutare il cosiddetto legittimo impedimento, ovvero la legge che, dopo la bocciatura del lodo Alfano, era riuscita ad allontanare lo spettro dei processi a carico del presidente del Consiglio. Neanche a dirlo, la Consulta decideva di rottamare il provvedimento, togliendo al Cavaliere l'ultimo scudo anti-procura. Senza più difesa e i giudici alle calcagna, un Fini sempre più sprezzante alle porte e una maggioranza in rotta, Berlusconi veniva convinto a fare un passo indietro e a dimettersi (magari!!! se si dovesse avverare questa eventualità sarei pronto ad andare a piedi fino ad Arcore per deporre un fiore sulla cancellata di Villa San Martino...scusatemi ancora per l'intrusione). Qui il sogno si annebbia. Mi par di ricordare che a capo del governo venivano nominati una riserva della Repubblica o un grand commis dello Stato: Letta o Draghi, ma poteva essere anche qualcun altro. L'esecutivo, come sempre accade in questi casi, inizialmente avrebbe dovuto occuparsi solo di tener in piedi la baracca fino al giorno delle elezioni, ma poi oltre all'ordinaria amministrazione decideva di mettere mano pure alla legge elettorale, ripristinando il vecchio sistema proprorzionale tanto caro a Fini, Casini e partitini belli. In pratica le nuove norme smontavano quindici anni di bipolarismo, riaprendo le porte alle coalizioni e alle ammucchiate (queste ultime tanto care al presidente del Consiglio...e vabbè, allora è un vizio la mia intrusione). Le elezioni erano indette per la primavera del 2011. Berlusconi ce la metteva tutta per vincerla: nel sogno faceva appelli e comizi di ogni tipo, ma i numeri erano contro di lui. Da una parte c'era Silvio, sul versante opposto tutti gli altri. La sera dei risultati, Fini, D'Alema, Casini, Di Pietro, Bersani, Rutelli, Bocchino, la Bindi e Follini erano tutti sul palco in piazza Santi Apostoli a festeggiare la cacciata di Berlusconi (ci sarò anche io, statene certi, se mai si avvererà il sogno...). Fassino, come nel 2006, aveva portato pure lo champagne per brindare innaffiando la folla, mentre Travaglio s'era portato una camionata di suoi libri (uhm...invidiosetto il mascellone eh?), sperando di piazzare i fondi di magazzino, sicuro che quella sarebbe stata l'ultima possibilità di fare soldi con il Cavaliere. Per l'occasione si era fatto vivo anche Prodi, il quale aveva finalmente la faccia d'una mortadella felice. Ecco, a questo punto non ce l'ho fatta più, mi mancava l'aria e mi sono svegliato. L'incubo era sparito, l'ansia no. Allora ho pensato: o Silvio fa qualcosa adesso o qui finisce male. Ecco, qui finisce l'editoriale incubo del sciur Belpietro al quale mi permetto di ricordare che in genere questa tipologia di sogno (o incubo) viene rubricata sotto la voce sogni premonitori e il più delle volte si avverano. Caro Maurizio, vista l'aria che tira, il tuo datore di lavoro non ha proprio bisogno di questo genere di sogni premonitori. Aspettati, se non l'hai già ricevuta, una telefonata da Arcore (o da Palazzo Grazioli) con la quale il beato Silvio ti consiglierà una dose massiccia di Alka Seltzer, per evitare in futuro conseguenze derivate dalla cattiva digestione delle notizie taroccate e delle altre oscenità con le quali ti ingozza il tuo caro datore di lavoro. Buon riposo. Sempre se ci riesci.

lunedì 19 luglio 2010

parola d'ordine: minimizzare


Tira una brutta aria per il presidente del Consiglio in carica (spero ancora per poco). Il concatenarsi di più eventi a sfondo giudiziario, che hanno interessato in quest'ultimo periodo persone (e personaggi) molto vicino a lui, stanno delineando uno spartiacque tra quello che è stato (dalla famosa discesa in campo del 1994) e quello che sarà (ovvero l'Italia deberlusconizzata), con la conseguenza logica che le trame e i complotti, da lui sempre evocati, alla fine saranno veramente la cartina di tornasole di questo periodo storico italiano totalmente imbarbarito e lordato dalla politica del ghe pensi mi e del ve lo metto dove dico io e nemmeno ve ne accorgete. Pensando alla definizione data dal Pifferaio di Arcore a questa eterogenea banda carbonara di oscuri manovratori, venuti alla luce grazie all'inchiesta della procura di Roma (e grazie soprattutto alle tanto odiate, da Berlusconi s'intende, intercettazioni telefoniche e ambientali), mi viene alquanto da sorridere. Sì perchè liquidare Carboni & Co. come innocui e sfigati pensionati dopolavoristici (pur essendo il Berlusca a conoscenza, e non da oggi, delle trame e delle particolari inclinazioni sovversive del quasi ottuagenario Flavio) fa pensare più a un imbarazzato lavoro di depistaggio e di mistificazione della realtà che a una naturale e dovuta assunzione di responsabilità (se non addirittura di correità e di fiancheggiamento) da parte del presidente del Consiglio italiano (spero sempre ancora per poco). Berlusconi e il fido (per ora) Tremonti cercano di minimizzare, di celare, di spostare l'attenzione sulla cassetta di mele marce o sui nonnetti della bocciofila carbonara. Forse non sanno (ma qualcuno prima o poi li dovrà informare) che oramai il popolo italiano (e forse per la prima volta anche il popolo pidiellino) si è stancato delle menzogne e dei giochetti berlusconiani, dei soliti attacchi alla sinistra e del menefreghismo totale che hanno accompagnato questi indecenti anni targati Berlusconi. Il popolo italiano ne ha oramai le palle piene di uno come lui che in un altro Paese si troverebbe (e non da oggi) dietro le sbarre e non in giro per saloni confindustriali o per campus universitari a sparare stronzate una dietro l'altra, offendendo come suo solito donne non di suo gradimento o ex pm dal dente avvelenato. Al Tappone oramai deve aver capito che non potrà continuare a prendere per il culo il popolo italiano ancora per molto tempo. E' giunto il momento delle decisioni irrevocabili (come diceva un suo lontano parente): quelle che porteranno dritto dritto il Pifferaio di Arcore a sfanculare da qualche parte, qualsiasi parte. L'importante è non vederlo più. E non credo che con questo mio post ho minimizzato troppo l'attuale situazione. Voi che ne dite?

giovedì 15 luglio 2010

W Marco Travaglio (e il Fatto Quotidiano)


Come si fa, leggendo l'odierno articolo di apertura di Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano, a non rimanere positivamente affascinati dalla puntigliosa ed enciclopedica ricostruzione fatta dal giornalista torinese sulla composizione eterogenea di una vera Banda con inclinazioni a delinquere messa su da Mister B.? Come si fa a non tifare spudoratamente per questo impavido (anche se a volte urticante e scomodo) professionista dell'informazione d'inchiesta, che ha una naturale quanto evidente propensione nel setacciare, giornalisticamente parlando, tutto ciò che fa capo al famoso Al Tappone? Diciamocelo francamente: ce ne fossero in Italia delle penne argute e meticolose come quella firmata Travaglio. E ce ne fossero giornali come il Fatto Quotidiano, veramente indipendenti e refrattari alla forca caudina dell'editore padre-padrone che con il denaro compra la coscienza e il silenzio dei pennivendoli asserviti al potere, come ce ne sono tanti nelle redazioni dei quotidiani milanesi tipo Libero e il Giornale, oltre alle oramai stranote enclavi di lecchinaggio televisivo quali TG1 e TG4! Insomma, il pezzo di oggi di Travaglio è una sorta di Bignami dell'associazione a delinquere di stampo politico e partitico, una specie di mailing list del delinquente con la tessera di partito, pronto a dire sempre di sì al suo padrone plurinquisito e (spero vivamente) in attesa di essere trasferito nelle patrie galere, seppur a nostre spese. Comunque, dopo aver fatto i doverosi complimenti a Travaglio e al Fatto vi invito a leggere l'articolo e magari pure a salvarlo in un file. Non si sa mai che la memoria dell'italiano medio debba essere un domani rinfrescata, magari alla vigilia di una campagna elettorale per stabilire (finalmente) chi deve prendere il posto lasciato vacante, suo malgrado, dall'ineffabile Mister B. BUONA LETTURA! Ricapitolando. Il premier B. ha due processi per frode fiscale e appropriazione indebita, uno per corruzione giudiziaria e un’indagine per minaccia a corpo dello Stato, senza contare prescrizioni, reati depenalizzati (da lui), amnistie, insufficienze di prove e le archiviazioni per decorrenza termini. Il suo braccio destro Cesare Previti è un pregiudicato per due corruzioni giudiziarie. Il suo braccio sinistro Marcello Dell’Utri è un pregiudicato per false fatture e frode fiscale, poi ha una condanna in appello per mafia, un processo per estorsione mafiosa, uno per calunnia pluriaggravata e un’inchiesta per associazione segreta (la P3). Il suo coordinatore Denis Verdini è indagato per corruzione e P3. Il suo vicecoordinatore Gian Carlo Abelli l’hanno appena beccato a prender voti dalla 'ndrangheta. I suoi ministri Altero Matteoli e Raffaele Fitto sono a processo, l’uno per favoreggiamento, l’altro per corruzione. Altri due, Umberto Bossi e Roberto Maroni, sono già pregiudicati. Fra i sottosegretari, Gianni Letta e Guido Bertolaso sono indagati, Aldo Brancher è imputato, Nicola Cosentino ha un mandato di cattura per camorra e i pm di Roma stanno valutando la posizione del viceministro della Giustizia Giacomo Caliendo, detto “Giacumino” dai compari della P3. Questo governo-lombrosario gode della piena fiducia (35 volte in due anni) del Parlamento, e ci mancherebbe: lì siedono 24 pregiudicati e 90 fra imputati, indagati, prescritti e condannati provvisori. Anche al Parlamento europeo ci rappresentano condannati (Aldo Patriciello, Mario Borghezio e Vito Bonsignore) e indagati (tipo Clemente Mastella). In omaggio al federalismo penale, frequentano assiduamente procure e tribunali un bel po’ di sindaci: da Letizia Moratti (indagata per smog e abuso) a Flavio Tosi e Giancarlo Gentilini (condannati per razzismo), da Vincenzo De Luca (imputato per associazione per delinquere, concussione, truffa, falso) a Diego Cammarata (inquisito per abuso). E sono indagati cinque governatori regionali su 20: Roberto Formigoni (smog), Raffaele Lombardo (mafia e abuso), Giuseppe Scopelliti (imputato per omissione d’atti d’ufficio e di recente beccato a cena col boss), Vito De Filippo (favoreggiamento), Michele Iorio (concussione e abuso). L’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, condannato in appello a 7 anni per favoreggiamento mafioso, è imputato per concorso esterno e il pm ha appena chiesto per lui altri 10 anni di galera. I vertici della Protezione civile vagano fra l’ora d’aria e i domiciliari.

domenica 4 luglio 2010

io sto con Gianfranco


Questa volta non è proprio difficile scegliere da che parte stare nella infinita querelle interna tra i due cofondatori del partito del predellino, detto anche (impropriamente) Popolo della Libertà. Tra Berlusconi e Fini, inutile sottolinearlo, io sto con Fini. Tutta la vita. E non tanto per il coraggio dimostrato nell'andare controcorrente, inimicandosi definitivamente il Cavaliere, quanto per la bontà e l'intelligenza del messaggio morale e politico che il presidente della Camera ha lanciato attraverso i suoi continui e decisi appelli al mondo istituzionale e al popolo (quello libero veramente): stare dalla parte della legalità, impedire rigurgiti di regime e far sì che il nostro Paese continui a beneficiare di risorse irrinunciabili quali la libertà e la democrazia. Far capire questi due vocaboli al Pifferaio di Arcore è come far passare il famoso cammello dall'altrettanto famosa cruna dell'ago: uno come Berlusconi, che ha fatto della sua vita il paradigma ideale costituito dal malaffare, dalla prevaricazione e dalla corruzione imperante e sistematica, non potrà mai e poi mai accettare le regole democratiche e lecite che governano la vita civile di un Paese evoluto e non certo espressione di uno Stato delle banane. Uno come Berlusconi, così refrattario alla istituzionale ed elementare convivenza tra poteri dello Stato, non accetterà giammai una voce (come quella di Fini) fuori da un coro uniformemente coperto ed allineato sulle sue posizioni da gerarca del terzo millennio. E allora ecco la sua scriteriata e deficitaria mossa: quella di trasformare mediaticamente Gianfranco Fini in una sorta di eretico del ventunesimo secolo, un novello Galilei della politica Berlusconicentrica oramai conclamata da più di tre lustri. Una politica sintomaticamente ammalata e depauperata di quella missione che al tempo della prima Repubblica ancora si riusciva a percepire: quella dell'eletto che manteneva fede alle promesse fatte all'elettore e portava a termine (o almeno ci provava) la maggior parte degli obbiettivi proposti in campagna elettorale. Esattamente il contrario di quanto il berlusconismo ha fatto nell'ultimo periodo storico del nostro Paese. E se adesso un Gianfranco Fini punta i piedi, alza la voce e indica a sua volta una correzione di rotta (necessaria per garantire all'Italia la legalità e la giusta espressione della reale volontà popolare), beh allora, signori miei, anch'io mi sento in dovere di poter gridare con quanto fiato ho in gola: io sto con Gianfranco!