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venerdì 30 aprile 2010

la signorina Tumistufi


Tra le innumerevoli Berlusconi's girls che orbitano pedissequamente nel raggio d'azione del presidente del Consiglio, a volte facendo da contorno, raramente oscurandone il profilo, ne ho trovata una che senza infamia e senza lode sta cercando di ritagliarsi il suo personalissimo posto al sole. Si chiama Laura Ravetto, trentanovenne cuneese con laurea in Giurisprudenza e neo sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento. Scrivo di lei prendendo spunto dal fatto che ad ogni inizio di legislatura (da lui ovviamente presieduta) il Cavaliere è solito donare ai propri eletti l'immancabile kit del perfetto parlamentare berlusconiano: raccomandazioni di bon ton, suggerimenti sulla cura dell'abbigliamento personale, necessità inderogabile di apparire sempre affabili e cortesi soprattutto in pubblico (ma non mi sembra la prassi più seguita questa...), una maniacale cura nella pulizia della persona e non ultimo la necessità di rinfrescare l'alito con apposite mentine. Molti deputati e senatori, nell'ultima consultazione del 2008, hanno scrupolosamente fatto proprio il citato kit; altri devono avergli dato solo una semplice occhiata. E tra questi credo che ci sia proprio la Ravetto. Intendiamoci, la graziosa fan berlusconiana con gli emolumenti da onorevole è sì elegantina, con i lunghi capelli biondi e gli occhi chiari e il luminoso sorriso di circostanza ma, ahimè, non mi sembra affabile per nulla. Anzi, è alquanto scostante e si direbbe che faccia di tutto per non riuscire troppo simpatica. Basta guardarla, per esempio, quando compare in tv (ogni tanto è ospite di Floris a Ballarò insieme a colleghi di altri partiti). Sbircia i suoi interlocutori con occhiate severe, sospettose e quasi ostili. Parla con enfasi e sovente si esibisce in acuti verdiani con cui sovrasta, travolge e zittisce tutti. Spesso sdottoreggia, ricorrendo a un lessico difficile ed evocando astruse cifre di bilanci. E sdottoreggiando sembra costantemente ispirata da incrollabili certezze. E come se non bastasse manca anche di educazione facendo trillare il suo blackberry in diretta televisiva e nemmeno sognandosi di chiedere scusa al conduttore. In buona sostanza la Ravetto (ombrosa, altera e sostenuta com'è) fa pensare più ad una novella Signorina Tumistufi che alla classica parlamentare sculettante modello Carfagna. Con buona pace del kit berlusconiano e del suo inventore.

martedì 27 aprile 2010

se Fini mi fa tornare la voglia di scrivere...


Torno a scrivere su questo blog dopo una lunga parentesi di disintossicazione dovuta (come già ampiamente spiegato su l'Antipatico) alle scorie del dopo elezioni del 28 e 29 marzo. Ero francamente tentato di chiudere questo spazio virtuale, aperto nel novembre del 2005 quando lavoravo per Telefonica: ma poi ho riflettuto e alla fine ho pensato che lasciarlo ancora aperto, permettendo a un centinaio di lettori fissi di potersi rileggere uno o più dei quasi mille post da me scritti fino ad oggi, alla fine avrebbe rappresentato la scelta più idonea e forse più giusta. E allora oggi devo ringraziare il presidente della Camera Gianfranco Fini se mi è ritornata la voglia di riaccendere il computer e scrivere qualcosa. Ovvio che l'argomento che mi spinge a picchiettare di nuovo sulla tastiera è la recente querelle tra Fini e Berlusconi, con gli annessi e i connessi di questi giorni e con gli imprevedibili sviluppi (anche se tutti fanno spallucce...) che il futuro giocoforza porterà alla questione. La prima riflessione che mi sovviene è che la crisi tra i due cofondatori del Popolo della Libertà ha posto di prepotenza sul tappeto la questione circa la perdurante legittimazione dello stesso Fini alla carica di presidente della Camera dei Deputati. La delicata faccenda, per la verità, è stata posta esplicitamente fin da subito dai due contendenti: il Pifferaio di Arcore ha argomentato che la terza carica dello Stato non può e non deve fare politica attiva; l'ex leader di Alleanza Nazionale ha replicato, piccato, che intende restare dov'è continuando a esprimere tranquillamente il suo pensiero sulle problematiche politiche di attualità. Certo, la realtà dei fatti e un pizzico di capacità deduttiva mi fanno pensare che la vita politica per l'ex re dei pannolini (come l'avevo ribattezzato qualche tempo forse con troppa irriverenza) si farà piuttosto dura, considerando i pochissimi consensi parlamentari a suo favore e contando sulle dita di una mezza dozzina di mani il numero dei suoi fedelissimi. E' di questi giorni il giustificato affanno di alcuni costituzionalisti intenti ad ipotizzare scenari futuribili del dopo rottura, con relativa disamina di una possibile mozione di sfiducia nei confronti dell'ex delfino di Almirante o addirittura di una revoca dell'elezione sullo scranno più alto dell'aula di Montecitorio. Può sembrare fantapolitica ma non lo è. La Costituzione tace su questo punto e lo stesso accade per i regolamenti parlamentari e anche la prassi ordinaria va nel senso per il quale una mozione di sfiducia non è prevista e non è ammissibile, come invece avviene nel caso riguardante un capo di Governo. La ragione di ciò forse risiede nel fatto che il ruolo di suprema garanzia assicurato e svolto dal presidente della Camera prescinda dal concreto atteggiamento dei gruppi parlamentari e dagli stessi singoli deputati nei suoi confronti. Tuttavia le cose non sono così semplici: se la crisi tra i due galletti istituzionali dovesse perdurare o peggiorare, risulterebbe evidente che la maggioranza di centrodestra (debitamente berlusconizzata) renderà verosimilmente impossibile la vita al presidente Fini che, di conseguenza, non potrà rimanere in carica contro il volere dei suoi stessi elettori (ovvero deputati e senatori). Finora il presidente della Camera ha legittimamente esercitato il ruolo che gli compete con puntualità e correttezza: nessuno, onestamente, può muovergli appunti o critiche al riguardo ma i rapporti con gli uomini del PdL (a cui deve ampiamente la sua nomina a presidente) alla fine saranno assolutamente decisivi e se il buongiorno si vede dal mattino...In buona sostanza, se le difficoltà finora emerse dovessero continuare e l'attuale diffidenza (uso questo romantico eufemismo) dovesse trascendere in aperta ostilità, a quel punto Fini sarebbe costretto a dimettersi e magari costituirà un nuovo gruppo parlamentare (si vocifera di una possibile liaison con il partito di Bersani...), il che non è proprio da escludere. Sia quel che sia, comunque, ad oggi non si era mai visto un presidente della Camera o del Senato, contestato dalla sua stessa maggioranza, rimanere in carica sostenuto dalla sola minoranza dei suoi uomini più fedeli e da sparuti gruppi di sostenitori. Non mi sembra una situazione idilliaca nè tantomeno foriera per il prestigio delle istituzioni repubblicane, oltre che propedeutica per la funzionalità della Camera dei Deputati. A buon diritto mi viene in mente un vecchio adagio che ritengo adatto all'attuale situazione: quando sono troppi i galli a cantare, non si fa mai giorno. A buon intenditor...