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sabato 4 febbraio 2006

sospensione per cause tecniche


A causa di problemi tecnici dovuti alla linea ADSL usata per collegarmi in Rete, sono costretto a sospendere le pubblicazioni dei post per circa una settimana. Me ne scuso vivamente con tutti i lettori.

le telefonate di Candida M.


Mi sono letto e riletto più volte l'intervista che un'operatrice di un call center (Candida M.) ha rilasciato a Matteo Nucci, giornalista del magazine il Venerdì di Repubblica, supplemento settimanale del giornale romano, pubblicata a pagina 26 del numero in edicola da ieri. Mi sono detto che quello che pensa, spera, dice e ribadisce Candida può essere mutuato da chiunque (compreso chi vi scrive) per far capire come si lavora in un call center di una qualsiasi (grande o piccola) Azienda del nostro Paese, con tutti i suoi risvolti psicologici e di personalità dei tanti che ogni giorno rispondono in cuffia a tutt'Italia, con la speranza di portare a fine mese qualche centinaio di euro a casa. Ho deciso di pubblicare integralmente questo pezzo giornalistico che potrà aiutare a capire e a riflettere, soprattutto quelle persone che si sono trovate dall'altra parte del filo del telefono, magari invelenite e urlanti nei confronti della Candida di turno. "Vuole sapere la verità? Questo è un lavoro che se lo fai male guadagni e se lo fai bene hai chiuso." Sono parecchi anni che Candida M. lavora in una grande società di gestione di call center e il suo giudizio non è mai cambiato. "Ci sono stati piccoli aggiustamenti di rotta, ma il problema resta lo stesso. Perchè dovrei fornire un servizio migliore, io telefonista, se, aumentando la qualità del servizio, si abbassa il mio stipendio? Mi spiego. Noi telefonisti dei call center addetti al customer care, ossia a risolvere il problema di clienti che hanno difficoltà con Internet, i cellulari, i satelliti, le carte di credito e via dicendo, veniamo pagati, generalmente, a telefonata. Per ciascuna telefonata, io guadagno 85 centesimi di euro, altrove mi risulta che si guadagni anche meno. Ma il punto non è questo, bensì la telefonata. Ovviamente più telefonate ricevo e più guadagno. Cosa mi dovrebbe spingere ad allungare i tempi oltre lo stretto necessario? Se parlo a lungo con un cliente, nel frattempo perdo altre telefonate e altri soldi. Se fornisco un buon servizio ci rimetto io!". Candida non ha dubbi. Il segreto della linea che cade, ossia la telefonata bruscamente interrotta, questo miracolo che ormai si verifica solo quando si parla con un call center, sta tutto qui. "In gergo si dice battere la telefonata. Non ci viene certo richiesto dai nostri superiori, non è frutto di un insegnamento esplicito, ma ci sono segnali impliciti perchè le cose vadano così". In che senso, scusi? Cosa viene richiesto? Come funziona la formazione dei telefonisti? "Due o tre settimane non retribuite, ovviamente, anche se forse adesso viene dato un piccolo rimborso spese. A insegnare sono dipendenti più o meno bravi e poi il vero apprendistato è sul campo, accanto a telefonisti esperti che possono aiutare a risolvere i problemi più disparati. Chi insegna non chiede che le telefonate siano brevi. Il segnale, lo dicevo, è implicito. A volte neppure troppo. Quando c'è molta coda di telefonate, passano dicendo . Cosa significa questo se non che devo limitare la qualità del mio servizio in funzione della quantità? Del resto, le società che gestiscono i call center sono molte volte in appalto, guadagnano anch'esse sulla quantità di telefonate e non hanno gli stessi interessi del committente. Quando il nostro committente ha chiesto di far crescere la qualità, le telefonate sono cresciute dai 20 secondi ad una durata media di 3 minuti. Ma, in genere, per fare un buon servizio bisognerebbe stare al telefono almeno 10 minuti. E questo non è ben visto, assolutamente. C'è stato un periodo in cui, se le telefonate erano troppo lunghe ci veniva addirittura abbassato il compenso da 85 a 80 centesimi, si rende conto? Dopo si sono limitati a farci capire che oltre i 3 minuti si è già concesso troppo. Del resto, noi non ci alziamo mai, stiamo lì tutto il tempo che possiamo pur di guadagnare. Un caffè o un passaggio al bagno possono farci perdere troppe telefonate. Se mi chiede da che può dipendere, allora, la qualità del servizio, le dico: dalla gentilezza o dallo spirito di sacrificio del singolo. A me non piace battere le telefonate, non mi piace ascoltare i reclami di clienti inferociti che se la prendono con altri telefonisti i cui nomi magari sono fasulli. A me piacerebbe lavorare bene, mi creda. E' brutto chiudere una telefonata in fretta o passare la patata bollente altrove senza impegnarsi. E' brutto non mettersi a disposizione del cliente, però cosa vuole che le dica? Io le scarpe a mia figlia voglio riuscire a comprarle lo stesso.".

venerdì 3 febbraio 2006

le plusvalenze di Gaucci


Si allarga a macchia d'olio l'indagine delle Fiamme Gialle del capoluogo umbro sulla Gaucci connection, ossia sulle malefatte finanziarie di Luciano e figli, premiata ditta perugina con propensione alla vendita (dei giocatori di calcio) e alla plusvalenza (netto ricavo, in nero, delle vendite miliardarie negli ultimi cinque anni) con solito iter (All Iberian docet...) di società e scatole cinesi nei paradisi fiscali più o meno noti, più o meno affollati dai draghi delle sòle calcistiche e finanziarie. A quanto risulta al pubblico ministero titolare dell'inchiesta (Antonella Duchini) il buco (per meglio dire la voragine) causato dai Gaucci è di circa 100 milioni di euro (a fronte di circa 10 delle prime indiscrezioni giornalistiche) e quello che più preoccupa è che sono interessati e impelagati anche nomi e squadre di serie A e B, alcuni molto noti. Le indagini vogliono vederci chiaro sulle cessioni dei calciatori Nakata, Blasi, Baiocco, Liverani, Obodo, Materazzi e tanti altri, di cui il Perugia cedette i cartellini a fronte di entrate miliardarie, stimate per l'appunto in circa 200 miliardi di vecchie lire. Luciano Gaucci nelle sue dichiarazioni da latitante continua ad accusare Carraro e Geronzi di averlo rovinato, di avergli estorto addirittura 40 miliardi nell'affare Nakata alla Roma. Insomma ce n'è abbastanza per le prossime settimane, in questa nuova tormentata puntata della soap opera sul calcio sempre più malato e truffaldino, dove il sottobosco del malaffare e dei raggiri è così fitto e abitato da far rimpiangere il caso del calcio scommesse degli anni 80...Ultima nota di colore: ieri il servizio delle 13 al TG5 (conduttrice Chiara Geronzi, figlia del presidente di Capitalia e titolare lei stessa della Gea World, società proprietaria delle procure di moltissimi giocatori di grido) sul caso Gaucci appunto è stato "lanciato" (per evitare imbarazzo alla giornalista Mediaset) dal suo collega di postazione Andrea Pamparana; nel servizio Fabio Tricoli, redattore del TG5, parlava di Geronzi e dei suoi familiari, senza menzionare espressamente la brava (e meno bella...) Chiara. Quando si dice la tempestività giornalistica...

giovedì 2 febbraio 2006

la steccata di Big Luciano


Questa volta Big Luciano l'ha combinata grossa! No, no, tranquilli, non mi riferisco a Luciano Pavarotti (magari a qualche altra marachella fiscale dal Principato...) ma all'altro big, quanto a stazza veleggiano tutti e due sulle tre cifre della bilancia, vale a dire Luciano Gaucci, ex presidente nonchè proprietario del Perugia Calcio (si dice anche dell'Ancona tramite un prestanome) accusato di bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere insieme ai suoi due figli (arrestati) Riccardo e Alessandro. Il fumantino Luciano si trova all'estero, per la giustizia italiana è latitante, ma per un giornalista di RaiSport (Enrico Testa) non è stato molto difficile, oggi, mettersi in collegamento telefonico con il ricercato che, nemmeno troppo sollecitato dal giornalista Rai, ha cominciato un suo personalissimo show, innescando con le sue dichiarazioni una serie di polemiche e minacce di querele che una già basta. Praticamente le accuse di Gaucci si rivolgono principalmente a due persone: Franco Carraro, presidente della Federcalcio e Cesare Geronzi, presidente e padre padrone del gruppo Capitalia: uno accusato di essere a capo non della Federazione ma di una lobby economico-sportiva con l'intento di fare sfracelli non si sa bene di chi; l'altro (insieme alla figlia Chiara Geronzi) che intrallazza con i milioni di euro e con i personaggi poco raccomandabili che gravitano intorno al pianeta calcio e che ha voluto il fallimento di Gaucci in persona, dopo la famosa cessione del giocatore Hidetoshi Nakata dal Perugia alla Roma (40 miliardi di vecchie lire) diventato pedina di scambio e di ricatto per far rientrare dallo scoperto bancario il Big Luciano. Chiaramente tutte queste dichiarazioni del latitante Gaucci io le prenderei con il beneficio d'inventario, non solo perchè si trova in una situazione giuridicamente "scomoda", ma anche perchè in altre occasioni passate si è dimostrato piuttosto restìo a rivestire un ruolo idoneo come presidente e manager di una società sportiva, senza nulla togliere alla sua libertà di espressione e di proteste nei confronti del sistema calcistico (chiaramente malato e sovradimensionato) mai suffragate però da rincontri effettivi e tangibili. Spero che questa sia l'ultima "steccata" calcistica e manageriale di Big Luciano, ormai più propenso alla bella vita con donne dominicane e libagioni esotiche piuttosto che a litigi e baruffe italiche nel mondo del pallone. Certo che se prendesse il primo aereo per Roma, magari domani, e si presentasse ai giudici perugini che stanno indagando sul crac del Perugia per raccontare tutto quello di sua conoscenza, non credo proprio che ci faccia una figura barbina, anzi...

mercoledì 1 febbraio 2006

il girone di ritorno


Mi è piaciuta molto la definizione usata da Enrico Mentana (girone di ritorno) su Vanity Fair n. 3 del 26 gennaio scorso, in cui il riccioluto ex direttore factotum del TG5 adotta questa metafora calcistica per giustificare (in risposta ad una precisa domanda di una sua lettrice nella rubrica "Stazione di posta") il forcing di apparizioni televisive del cavaliere, tra cui anche quella nel suo salotto di "Matrix", sempre più impegnato a rincorrere i fantasmi degli elettori che potrebbero garantirgli l'insperato sorpasso sulla coalizione di centrosinistra. Il cavaliere con la lingua di fuori (ma con i capelli sempre impomatati e con la riga millimetrica...) e con i giorni contati prima dello stop della "par condicio", cerca, con questo girone di ritorno, di rimediare punti negli eventuali scontri diretti televisivi con gli avversari, certo com'è (da buon patron di una grande squadra come il MILAN) che i punti rosicchiati nel match diretto valgano doppio, anzi, abbiano un tale effetto da k.o. sul rivale da stenderlo definitivamente. Secondo me ancora una volta il tycoon di Arcore si sbaglia, e di grosso. Perchè, come giustamente ricorda Mentana, ormai il dado è tratto, ormai gli schieramenti sono delineati, gli indecisi sono sempre meno ed i sondaggi stanno a testimoniare che i quattro-cinque punti di distanza (a favore dell'Unione) rimangono stabilmente nelle intenzioni di voto espresse dagli intervistati. Mai come oggi vale il principio calcistico che chi vince lo scudetto d'inverno (al giro di boa del campionato) inevitabilmente si conferma campione alla fine del campionato. Quindi il cavaliere si dovrà mettere l'animo in pace, andandosi anche a rivedere i precedenti duelli televisivi del passato, quando nel 1994 (sempre con Mentana moderatore dello scontro, ormai una sorta di notaio politico...) il cavaliere si confrontò, vincendo, con Massimo D'Alema e due anni dopo sfidò (perdendo) Romano Prodi, confortando un detto usato al contrario in Vaticano, che chi entra cardinale in Conclave, ne esce sempre Papa (almeno in politica così è stato). Per concludere, non capisco davvero come mai i fidati consigliori del premier (Letta e Bonaiuti) non indichino a sua emittenza la strada degli spogliatoi e la porta che immette alle docce, dove una, bella fredda, sarà auspicabile la mattina successiva al voto del 9 aprile (consiglio al premier una bella cuffietta per non intaccare quella meraviglia di capolavoro tricotico che continua a sovrastarlo...) con l'invito e preghiera di rimettere tutto a posto dopo, chiudendo la porta e riconsegnando (mi raccomando cavaliere...) le chiavi di Palazzo Chigi!